Gaza, dolce casa mia

In questi giorni ci troviamo di fronte a uno scenario umano deplorevole e ignobile. Le guerre che infiammano l’oriente (in terra di Palestina, in Ucraina, in Iraq e ancora, anche se l’occidente sembra averlo dimenticato, in Siria e in tante altre terre) sono, come sempre accade, guerre generate dalla volontà di potere, finalizzate al dominio assoluto e alla rovina di tutto ciò che si interpone a questo progetto, siano essi uomini, donne e bambini innocenti. Dovremmo essere veramente delle belve per riuscire a rimanere indifferenti davanti a un massacro così grave dell’umanità, che è la stessa nostra, ed è in nome di questa comune umanità che siamo qui oggi per dire, di nuovo e sempre “basta alle guerre”.

Non cerchiamo solo i responsabili, non vogliamo solo puntare il dito, non siamo qui solo per gridare “assassini”, anche se abbiamo il dovere di condividere il dolore del popolo straziato che giustamente lo grida. E non possiamo né vogliamo, oggi, insabbiare il discorso nella teorizzazione di soluzioni politiche o dilungarci nel pensare un nuovo assetto mondiale delle potenze; soprattutto non possiamo aspettare che la politica trovi le soluzioni più perfette e congeniali agli interessi individuali. Siamo qui oggi davanti alla realtà della nostra vita a dire – realmente feriti e sdegnati – che, finché esiste un uomo che nel suo paese non può vivere in pace, noi non possiamo restare tranquilli. Non possiamo restare indifferenti.

Com’è possibile continuare con le nostre giornate “vacanziere” e non pensare alle mille vittime, per lo più bambini, che si contano, finora, in Palestina, vittime di questa guerra sempre più evidentemente “legittimata” da menzogne? E non possiamo non pensare alle scuole e agli ospedali bombardati, al milione di profughi che scappano dalle loro case e lasciano la loro terra, senza futuro, senza avvenire. E ricordiamoci ancora di quelle centinaia di persone morte finora nel conflitto in Ucraina, senza contare le trecento vittime dell’attacco all’aereo civile che sorvolava i territori occupati da quelli che vengono definiti i “ribelli”, e a quelle bombe al fosforo bianco già utilizzate – e speravamo dimenticate – in Vietnam, Kosovo, Cecenia, Iraq e di nuovo a Gaza solo sei anni fa, che hanno riiniziato a brillare nei cieli, nel cielo dell’Ucraina, che è anche il nostro cielo.

Che ci sia allora una vera giustizia, che i governi, le corti e istituzioni internazionali, nate dopo l’orrore della carneficina mondiale allo scopo di proteggere i diritti dell’uomo e l’umanità intera dall’orrore generalizzato, siano degne del valore alto che devono preservare e fermino queste guerre, subito. Urge una soluzione politica che implichi il cessate il fuoco unilaterale e immediato, allo scopo di permettere prima di tutto una “soluzione umanitaria”; urge una soluzione politica che ristabilisca la verità su questa guerra, come l’illegittimità degli attacchi su Gaza, come l’impunità di Israele che continua da troppo tempo, come il silenzio terrificante sulla sorte della Siria e le ambiguità delle ostilità in Ucraina.

Urge che si fermino i missili, le bombe e il blocco economico, e che gli esseri umani, a Gaza e in Cisgiordania, come in Siria, in Ucraina possano vivere la loro vita degnamente e in pace. Dove l’uomo non è trattato per quello che è non ci possono essere né pace né giustizia. Siamo qui oggi ricordandoci anche di tutte quelle persone che, come noi, uomini e donne del nostro tempo, non sono rimaste indifferenti e che sono scese nelle strade per ricordare che quello che la gente vuole è davvero la pace: da Gerusalemme a Tel-Aviv, a Roma, Londra e Parigi migliaia e migliaia di persone hanno voluto ricordare che “noi siamo per la pace”, perché i potenti e i governi sappiano che noi vogliamo costruire un’umanità più umana e degna del suo destino buono e positivo.

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