Siamo tutti in minoranza

Accusare le popolazioni rom porta voti. Due dei principali governi europei, attualmente in difficoltà di consensi, quello francese e quello italiano (sempre più dipendente dalla xenofobia leghista) cercano consenso proponendo la deportazione di tali cittadini comunitari.
Il problema non nasce oggi. Da secoli i rom sono visti nella società delle nazioni come persone da accusare, isolare e possibilmente eliminare.
Tutti conoscono la parola Shoah ma chi ricorda il termine Porrajmos? Fu il tentativo del regime nazista di sterminare gli “zingari” reputata razza impura e socialmente pericolosa. La paura del diverso portò ai campi di sterminio inculcando nella gente l’idea che alcuni uomini, solo per la loro origine e il loro sangue, fossero pericolosi.
Oggi noi denunciamo una nuova ondata di rastrellamenti e ghettizzazione che rischia di passare nell’indifferenza o, peggio, nell’accettazione tacita, schiacciati dalla paura della diversità dell’altro da noi.
Il 6 marzo del 2009 l’International Labour Organization (ILO), l’agenzia per il lavoro delle Nazioni Unite, nel suo rapporto sull’applicazione delle “Convenzioni e Raccomandazioni internazionali”, ha condannato l’Italia per il “clima di intolleranza esistente”, creato da “leader politici” italiani, rei di usare una “retorica aggressiva e discriminatoria nell’associare i Rom alla criminalità, creando così un sentimento di ostilità e antagonismo nell’opinione pubblica”.
Il PPL denuncia il rabbioso tentativo di impedire all’uomo di incontrare, dialogare, convivere con l’altro uomo. Denuncia la rabbia di chi vuole ostacolare e ridurre tutto il diverso da sé a creatura spaventosa e temibile, non sapendo immaginare né costruire le forme per una comune convivenza.
Quanto è stato costruito, nelle legislazioni nazionali e internazionali, dalle lotte dell’ultimo millennio per ottenere la libera circolazione dei cittadini, il riconoscimento della cittadinanza, il rispetto delle minoranze, il principio di uguaglianza fra gli uomini, è messo in discussione dalla paura e dalla propaganda perversa di una sicurezza che si vorrebbe garantita con le “purghe” e i muri e nel ritorno a un passato impossibile e, per troppi aspetti, non auspicabile.
Pane Pace e Lavoro denuncia l’esproprio dei diritti e l’ottusità dei governanti e invita a riprendere il gusto e la responsabilità dell’unirsi fra cittadini, per far rinascere realtà comunitarie e umane che, al loro interno, sperimentino un tipo di vita e di rapporti diverso e nuovo rispetto a quello individualista che ci prospettano e ridare, così, alla politica il suo significato vero di costruzione e difesa del giusto progresso umano, forse meno opulento, ma più umano.