Come ti condisco il voto

La macellazione del porcellum ha creato nuovi grattacapi per i nostri politici, per almeno due motivi. Il primo, del tutto evidente, è che, anche se non è sostenibile la tesi che abbia invalidato il parlamento in carica, rimane il fatto che elementari scrupoli di decenza impediscono comunque di prolungarne la vita oltre il minimo indispensabile per varare una nuova legge. Il secondo, un pochino meno evidente ma percepito dagli interessati come ancora più scomodo, è che una legge esiste già. Infatti, la Corte costituzionale non ha condannato il porcellum in toto ma lo ha soltanto amputato. Ora, depurato del suo scandaloso premio di maggioranza, il porcellum non è altro che la proporzionale pura, dietro la quale la cultura politica corrente vede solo lo spettro della Prima repubblica. Anzi, peggio, perché nemmeno la legge del 1948 prevedeva la proporzionale “pura”, in quanto applicava al numero dei seggi da attribuire una correzione (cosiddetto metodo D’Hondt) che in sostanza, abbassando il quorum dei voti necessari per ottenere l’elezione, favoriva i partiti più grossi. Una sottigliezza? Non tanto. Alle elezioni del 7 giugno 1953 la coalizione di centro non ottenne l’enorme premio di maggioranza previsto dalla cosiddetta “legge truffa”, non essendo riuscita ad ottenere la maggioranza più uno dei voti, ma ebbe lo stesso una lieve ma sufficiente maggioranza dei seggi, grazie appunto al premio nascosto.

La Costituzione italiana non prevede un particolare sistema elettorale, anzi ne demanda la formulazione addirittura alla legge ordinaria, singolare lacuna per una Repubblica parlamentare, della quale il sistema elettorale finisce con l’essere il pilastro. Naturalmente, le leggi elettorali, come tutte, sono sottoposte al giudizio della Corte costituzionale, ma se per arrivarci occorrono otto anni, come nel caso del porcellum (la cui anomalia era così vistosa), quando una legislatura ne dura cinque, c’è poco da stare allegri. In realtà, in una repubblica parlamentare, non esiste un sistema elettorale che possa garantire a priori la rappresentatività del parlamento e la stabilità dei governi. Queste condizioni si possono realizzare in modo abbastanza soddisfacente solo in una repubblica presidenziale, ma in Italia questo argomento è tabu, e in ogni caso, nella situazione attuale, mancherebbero il tempo e le condizioni per una riforma della Costituzione. Di conseguenza la fantasia dei politici e dei loro consiglieri sembra al momento orientata ad escogitare qualche espediente che consenta di mettere in piedi una qualche specie di repubblica presidenziale facendola passare per parlamentare. Questo spiega, per esempio, la simpatia manifestata da Renzi per la formula adottata nelle elezioni comunali, che in effetti è quella che le somiglia di più. Tale formula non sarebbe attaccabile sotto il profilo costituzionale, purché l’elettore, pur votando sulla stessa scheda, fosse libero di votare diversamente per il candidato a capo del governo e per la lista (ovviamente non bloccata) nella quale si dovrebbero scegliere i membri del parlamento, anche se si può pensare che la prima scelta finirebbe necessariamente per influenzare la seconda.

Una soluzione alternativa (la sola probabilmente proponibile) potrebbe essere quella di un’elezione uninominale a doppio turno, visto che la passione per il bipartitismo sembra essere uno dei pochi punti capaci di unire i principali concorrenti. Il doppio turno è inevitabile perché (anche se ormai siamo abituati a tutto) non si può pensare di considerare subito eletto chi prende almeno un voto più degli altri (sarebbe una riedizione del porccllum sotto mentite spoglie) né d’altra parte sembra probabile che molti candidati possano ottenere d’emblée la maggioranza assoluta. Certo, il problema del bipartitismo forzato (o artificioso) si riproporrebbe necessariamente al secondo turno, ma almeno si vedrebbe con maggior chiarezza chi sta dietro a chi. Di fatto, considerando anche la nuova veste che sta assumendo la Presidenza della Repubblica, sarebbe un passo ulteriore verso il semi-presidenzialismo alla francese, ma, visto il quadro come si presenta, non sembrerebbe la peggiore delle soluzioni al momento possibili. (a.g.)

Per approfondimenti, leggi l’articolo Sistemi elettorali

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