Pane Pace Lavoro torna in piazza per denunciare la condanna a morte dell’istruzione in Italia.
La riforma Gelmini del sistema scolastico continua una politica di tagli che non fa ben sperare né sul piano educativo né sul piano occupazionale.
La mancanza di personale non permetterà la necessaria attenzione per tutti gli alunni e, in particolare, aumenterà la difficoltà di integrazione dei ragazzi stranieri, ai quali è chiesto di partecipare attivamente alla vita sociale italiana mentre li si ghettizza nelle aule scolastiche. La scuola elementare abbandona la compresenza degli insegnanti e accresce il numero dei bambini per classe cercando di formare sezioni per soli stranieri con il pretesto della omogeneizzazione delle competenze.
Gravissima è anche la situazione universitaria. Molti atenei rischiano di scomparire soffocati dai tagli e altri vedranno abbassarsi ulteriormente la qualità dell’insegnamento. L’apertura dell’anno accademico vede da una parte gli studenti (con le tasse già versate) ancora nell’incertezza di poter frequentare i corsi e già consci che gli attuali titoli di studio li porteranno poco lontano, probabilmente verso anni di disoccupazione o di sfruttamento, e, dall’altra, ricercatori e assistenti vedono minato il motivo stesso del loro lavoro incrementando l’abbandono della ricerca e obbligando alla diaspora fuori confine con un inevitabile impoverimento della qualità della nostra Università.
L’educazione è compito irrinunciabile che va fatto in nome dell’uomo non come produttore né come consumatore, ma come cittadino responsabile davanti a tutti su questa terra.
C’è da sospettare che la distruzione della scuola serva a far sì che il nostro popolo sia omologabile al potere che lo vorrebbe suddito invece che sovrano.
Il PPL denuncia i tagli alla scuola come un attentato al futuro dello Stato italiano, alla democrazia e alla formazione di una nuova generazione di cittadini attivi e chiede, davanti alla necessità di contenere la spesa pubblica, di iniziare dai tagli alla spesa militare, ai finanziamenti alle banche e dai costi della politica.