di Aldo Giobbio
“Iam proximus ardet Ucalegon!” (Sta già bruciando la casa del vicino Ucalegonte!) è il grido dal quale la famiglia di Enea capisce che è giunto il momento di scappare da Troia in fiamme – e senza perdere tempo! Qualcosa del genere sta succedendo oggi con l’incendio della foresta amazzonica. Le cause? L’incontro del liberismo selvaggio e del cosiddetto sovranismo, che sono le due pesti del nostro tempo. “L’Amazzonia è mia e me la gestisco io” sembra essere la risposta di chi detiene il potere da quelle parti. Che la foresta amazzonica sia uno dei principali polmoni del mondo non sembra un argomento importante. “Forse che il petrolio lo regalano? E allora perché noi dovremmo regalare l’ossigeno?”. Se l’ossigeno prodotto dalla foresta si potesse vendere in barili forse il discorso sarebbe diverso ma per il momento non ci si pensa. Perché consentire di respirare gratis a popoli lontani che non sono nostri elettori e che usano il loro stato di salute, ossigeno compreso, per fabbricare beni che poi vendono a noi (vendono, non regalano)? Il discorso non è del tutto infondato ma è di quelli che si evita di fare perché obbligherebbe ad affrontare il problema dei problemi, ossia: in un mondo globalizzato a chi tocca gestire risorse il cui uso riguarda tutti e che perciò sono patrimonio dell’umanità ma le cui fonti di produzione sono localizzate in modo irregolare (rispetto alla geografia terrestre) e perciò attualmente ricadono sotto il controllo di una ripartizione politica altrettanto variegata?
Che gli abitanti di una certa regione – o piuttosto chi li governa – cerchino di attrezzarsi per essere meno disarmati in un contesto di competizione globale non sembra di per sé scandaloso. Che per raggiungere questo scopo accettino di sacrificare risorse di per sé preziose ma al momento per loro meno produttive può essere criticato come una forma di miopia sulla quale sarebbe bene riflettessero. Però attenzione: anche la civiltà europea è nata così. Basti pensare a tutte le località che nel Nord Italia si chiamano Ronco o Ronchi (che significava diboscate per mezzo del fuoco) per capire che gli altri non fanno che applicare ricette inventate da noi. Quello che si può dire è che da noi certe cose sono state fatte quando l’ambiente le poteva bene o male sopportare, mentre oggi non le sopporta più. Di conseguenza – a mio modesto parere – è giusto battersi perché anche gli altri smettano di devastare il patrimonio di tutti, ma non è legittimo pretendere che il costo di un comportamento più responsabile debba essere sopportato solo da loro. Forse i protagonisti della nuova Eneide farebbero bene a chiedersi se le città – o le foreste – in fiamme dalle quali bisogna fuggire non siano piuttosto il capitalismo e il nazionalismo che hanno appiccato quei fuochi e ora li alimentano. (a.g.)
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