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LA SITUAZIONE IN CUI SIAMO
Il 25 settembre scorso, il voto degli italiani chiamati alle urne per le elezioni politiche ha sancito la vittoria del raggruppamento di centrodestra, dando vita a un governo di estrema destra.
Il 36% degli italiani non è andato a votare: è la percentuale più alta da sempre. Questo è un sintomo serio dell’allontanamento della nostra popolazione dalla politica. Ci rivela un distacco e una delusione nei confronti di questa dimensione importante per l’essere umano, di cui nessun partito si è mai preso cura, persi in pericolosi giochi di prestigio, per rimanere o prendere il potere.
A questa lunga carenza di proposta politica a livello nazionale, che oggi è fatta più di blitz che di progetti seri, lamentiamo fortemente l’impossibilità di eleggere direttamente i componenti del Parlamento. Infatti, a causa di questa legge elettorale elitaria che nessun governo, nonostante i proclami di alcuni, ha mai voluto modificare, davanti alla scheda elettorale, ancora una volta, tutti ci siamo trovati a non potere esprimere una scelta precisa secondo l’ideale culturale, umano e politico che guida la nostra costituzione italiana.
D’altra parte, quando i partiti sono carenti di un ideale e di un programma chiaro, come avviene oggi, si elimina la possibilità di rivolgersi direttamente ai candidati, facendoli diventare un semplice ingranaggio della macchina elettorale. Ci è negato il diritto di scegliere le persone chi ci rappresentano e di dialogare direttamente con loro anche sulle eventuali scelte in sede di governo, per ricordare loro, sempre, da dove provengono.
Pane Pace Lavoro denuncia chiaramente che siamo stati chiamati al voto, nuovamente, con una insensata legge elettorale in cui, tra collegi uninominali, listini bloccati e l’impossibilità ad esprimere le preferenze, tutto era già chiaramente stato deciso a priori. A questa indecenza elettorale non possiamo tralasciare di aggiungere che, per la prima volta, abbiamo votato un numero ridotto di parlamentari, che comporta una riduzione della rappresentatività del popolo.
Altro che partiti! Questi sono diventati delle roccaforti e dei blindati.
In questa prospettiva, possiamo dire che non solo ci delude l’esito del voto recente, ma ci delude questa legge elettorale, perché manifesta la malcelata convinzione secondo cui noi cittadini elettori non saremmo in grado di scegliere col nostro pensiero. È urgente, invece, da tempo, un nuovo dialogo stretto tra cittadini ed esponenti della politica.
Oltre alla mancanza di questo diritto, siamo immersi in un clima d’odio favorito dai politici stessi, i quali si concedono facilmente alla minaccia verbale e agli insulti reciproci, a denigrazioni ed umiliazioni, abdicando l’intelligenza e l’argomentazione in favore di urla aggressive e prepotenti.
Bisogna ricordare loro che a più urla ed invettive non corrisponde più ragione e verità e che, invece di collezionare selfie tra i propri adepti e ad organizzare marce marcie per una poltrona a Roma, sarebbe meglio che coltivassero incontri con i cittadini. Potrebbero rendersi conto che la realtà non solo supera la loro idea (qualora ce ne sia una), ma anche che potrebbero trovare idee e proposte più intelligenti. Adesso, infatti, i politici – o dovremmo dire i “politi canti” – non sono presenti affatto nel territorio, preferendo fare le comparse nei programmi televisivi o nei social network, concentrandosi solo sul tema della sicurezza (per proteggerci da minacce che, in realtà, gli stessi potenti e governanti hanno causato) invece di lavorare seriamente all’eliminazione delle disuguaglianze sociali e umane (vera minaccia alla dignità dell’essere umano).
Il senso di appartenenza di noi cittadini è stato corroso, proprio perché il senso di appartenenza dei “politicanti” dal territorio e dalla gente è stato ceduto alle lobby economiche di riferimento. Non servono scorciatoie e slogan per raccogliere consensi, né tantomeno usare e strumentalizzare le religioni dei popoli e la chiesa, perché, come abbiamo scritto sopra, noi esseri umani non siamo stupidi ma sappiamo ragionare e riflettere.
Sì, cari politicanti, eccovi una novità: noi sappiamo pensare!
Quindi, chiediamo un serio e profondo lavoro all’interno di ogni partito, perché i partiti, se rispettano la loro natura e il loro scopo, sono fondamentali per la costruzione di una società democratica. Senza questa revisione interna, si lascerà spazio al populismo, al sovranismo e alla tecnocrazia.
Pane Pace Lavoro non vuole rottamare né tanto meno annientare, ma costruire e ricostruire. Come dice la nostra costituzione all’articolo 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Ciò permette la possibilità di dialogare e di partecipare attivamente.
IL NUOVO (?) GOVERNO
Diciamo chiaramente che il nuovo (?) governo, preceduto dall’elezione dei presidenti di camera e senato e seguito dal discorso del nuovo presidente del consiglio Giorgia Meloni, ci lascia davvero in una grande preoccupazione (anche dopo le ultime dichiarazioni di alcuni suoi ministri). Nel primo discorso davanti ai parlamentari, l’estrema destra si rivela per quello che è realmente: si toglie la maschera democratica indossata in campagna elettorale e celebra la retorica più di destra che si sia mai ascoltata da un capo di governo italiano dopo il periodo fascista.
Inoltre, scorrendo i nomi dei ministri e dei ministeri la situazione pare fin da subito molto preoccupante. Anzitutto il ministero dell’istruzione ribattezzato in “istruzione e merito”.
Da molto tempo nella società italiana è stata inculcata questa malsana convinzione che il merito (deciso da chi?) sia il metro di giudizio più giusto per la valutazione nel processo educativo dei giovani. Ma coloro poi che sono e sono stati al governo se lo meritano? Usano un “metro di merito” fatto da loro per loro.
Questa ideologia meritocratica in realtà è diametralmente opposta a ciò che noi riteniamo essere l’educazione. Certo, chi sostiene il merito fa leva sul fatto che nessuno affiderebbe la sua vita ad un chirurgo incompetente (dimenticando che occorre, prima di tutto, essere esperti in umanità), ma, assolutizzando questo aspetto nell’educazione dei giovani studenti, si compromette l’idea di uguaglianza sociale e si propone una preparazione legata solo al profitto e all’utile, in modo che il giovane possa inserirsi negli schemi e apparati produttivi del momento.
Lo studio, secondo questa ideologia, non è per aiutare a formare la persona, ma per dare esclusivamente competenze in vista di una professione, riducendo il percorso scolastico ad un lungo esame di candidati per la ditta del vassallo di turno.
Pane Pace Lavoro sostiene che la mercificazione della scuola è quanto di più lontano vi sia dall’idea di una educazione che consiste nell’accompagnare ogni ragazzo verso il proprio sviluppo umano integrale, con cui poi ognuno saprà partecipare anche allo sviluppo della società.
Il concetto, ben commercializzato, per cui tu “vali per ciò che sei in grado di produrre” (¡tú sí que vales!) è contrario all’umanità e alla vocazione di ogni persona.
Inoltre, al di là del merito, che fine faranno quegli studenti che secondo loro “non se lo meritano”?
Ad un primo sguardo quella del nome di un ministero potrebbe apparire una modifica di poco conto; invece, è causa di seria preoccupazione per come saranno diretti da questo governo i vari dicasteri e i diversi temi riguardanti, oltre la già citata educazione, la sanità, la cultura e tutti quegli ambiti sociali che non dovrebbero mai essere subordinati alla finanza e all’economia.
Le persone, inoltre, scelte a condurre i ministeri di questo governo sono altrettanto preoccupanti. La nostra preoccupazione deriva dal fatto che, invece di trovare persone e personalità capaci di affrontare, per la comunità tutta, le sfide di ogni settore, si sia voluta compiere una spartizione delle spoglie dello Stato.
Così, solo per citare qualche esempio, alla difesa viene messo Crosetto, uno dei più grandi lobbisti italiani delle armi; all’agricoltura Lollobrigida, cognato della Meloni; a Salvini viene affidato il controllo di porti e guardia costiera, al ministero degli esteri viene messo Tajani (con buona pace di Berlusconi e dei suoi illustri amici internazionali); a Nordio, uomo di estrema destra che ha al suo attivo dichiarazioni preoccupanti sull’inutilità delle intercettazioni nella lotta alla mafia, sulla trattativa Stato-mafia, nonché sulla questione dei migranti, viene affidata la giustizia.
Sappiamo bene che, in ogni governo formato da una coalizione, le diverse forze politiche cercano di mettere i propri uomini a capo dei ministeri che più interessano secondo i punti chiave del programma, ma qui non parliamo di programmi, qui parliamo di interessi personali o di clan.
In questo senso possiamo allora dire che questo governo non ci rappresenta, né rappresenta la nostra idea di politica e socialità.
NECESSITÀ DI UN LAVORO COMUNE E RESPONSABILE
Davanti a tutto questo cosa possiamo fare? Siccome le premesse sono deludenti, noi come ci dobbiamo comportare?
Non vogliamo né affidarci ad una critica sterile basata su luoghi comuni, senza nessuna argomentazione, né attendere inermi un futuro migliore. Questo non può essere il tempo del lamento e della rassegnazione, ma il tempo del lavoro comune e responsabile.
Siamo chiamati a lavorare e a impegnarci affinché si ricreino, nel territorio cittadino e nazionale, i presupposti per una politica che parta dalle persone reali e sia diretta alle persone, per non ridursi a sola amministrazione del potere.
Siamo chiamati a gettare le basi per un governo per la gente, per il popolo, in cui quel “per” identifichi il fine e non voglia invece significare, come oggi sta accadendo, “in sostituzione del popolo”.
Sono gli esseri umani, tutti, che devono essere al centro della politica.
Il grande lavoro che ci aspetta è quello di far rifiorire e sostenere esperienze politiche che coinvolgano la gente nella maturazione di un pensiero e di una coscienza non anestetizzate da slogan, marce marcie, grida e banalità (che tendono solo ad aumentare l’individualismo e l’egoismo di ciascuno).
Siamo chiamati a tornare all’essenziale; siamo chiamati a tornare a riscoprirci parte di una terra comune; siamo chiamati a lottare per i diritti autentici e umani e, respingendo la violenza, siamo chiamati a ricercare anzitutto la pace, che tanto manca in questo nostro tempo.
Coraggio: non esiste il tempo del “me ne frego”, ma solo quello del “m’interessa”.
Pane Pace Lavoro tutto questo lo ha sempre fatto e certamente, se la libertà non verrà messa in carcere, continuerà a farlo; perciò, invitiamo tutti ad unirsi a noi nelle seguenti richieste.
1. Chiediamo prima di tutto a noi cittadini il coraggio di tornare a pensare, di tornare ad incontrarci, di tornare ad ascoltare, di tornare a dialogare e a argomentare e a non lasciarci ingannare più dalla mentalità comune propagandata dagli slogan e dalla pubblicità dei mass media e dei potenti di turno. Non dobbiamo avere paura di ragionare e di domandare ragione!
2. Chiediamo ancora, come abbiamo fatto con altri governi di destra, di sinistra e di centro, il cambiamento della legge elettorale.
3. Chiediamo ogni sforzo per la pace, la quale non consiste nell’eliminazione dell’avversario, ma liberare i cuori dall’odio e dall’abuso del potere, perché nelle guerre a soffrire è sempre il popolo, a pagare siamo sempre noi tutti, povera gente, di ogni cultura e di ogni nazionalità. A chi ci accusa di “pacifismo”, noi rispondiamo che non è pacifismo, ma questione di umanità, la grande assente. Il “pacifista” è, in realtà, colui che pretende di continuare a “vivere in pace” come se, nel mondo, non stessero morendo tanti fratelli e tante sorelle, donne, bambini e uomini, tutti desiderosi di vita come ciascuno di noi. Gridiamo ai potenti: ravvedetevi e fermatevi!
4. Chiediamo la cessazione delle spese belliche che favoriscono solo le industrie delle armi e l’uso delle risorse economiche in favore della cooperazione nazionale e internazionale, pubblica e privata.
5. Chiediamo di non lasciare morire uomini e donne migranti nel mare, poiché è un atto criminale. Noi siamo per la salvezza tutta intera e per tutti, non per piccoli salvini di parte.
6. Chiediamo un’economia a servizio dell’uomo, non l’uomo schiavo dell’economia, con uno sguardo realista sull’Italia e sul mondo. C’è una crisi demografica, ci sono situazioni di miseria e di povertà gravissime, c’è una situazione di abbandono sociale ed educativo, mancano strutture adeguate per l’accoglienza dei migranti e per l’istruzione delle nuove generazioni, ci sono danni ambientali, c’è la necessità di integrazione fra i popoli, di valorizzare le iniziative giovanili e il bisogno di un’informazione seria e plurale, che non si limiti a banali e superficiali frasi sui social, soprattutto da chi guida un Paese, un popolo!
7. Chiediamo, anche a questa amministrazione comunale e non solo, più spazi fisici e più strutture disponibili per trovarsi gratuitamente e per potere organizzare percorsi di educazione alla pace, alla convivenza civile e alla politica, senza la necessità di presentare macchinosi e incomprensibili formulari (impedendo così di accedervi lasciando gli spazi sociali e educativi sempre e solo alle stesse persone) in modo da garantire l’incontro fra tutti e per tutti.
8. Chiediamo a tutti i politici di ascoltarci e di essere coraggiosi e liberi, non schiavi del potere.
Pane Pace Lavoro, 30.10.2022
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