Contro ogni guerra

El pueblo unido jamàs sarà vencido

Da qualche settimana assistiamo ad una nuova escalation di violenza e di minacce di guerra, con nuovi bombardamenti i quali, come spesso accade in queste occasioni, prima vengono e ettuati e poi se ne spiegano le motivazioni. Allora davanti a questo evidente disprezzo per tutto e per tutti (e a questa ennesima dichiarazione di forza), ancora una volta noi non vogliamo arenarci a discutere delle motivazioni o a cercare di dare ragione ad una delle parti, ma ribadiamo che ogni atto di guerra, ogni azione che toglie la vita ad un uomo è immorale: non esiste motivazione accettabile alla violenza. La guerra non ha altra natura che quella della morte, non esiste una guerra paci ca. Nella sua essenza e nella sua azione la guerra è annientamento della vita. I politici attuali, coloro che dovrebbero guidare il mondo alla possibile convivenza, pare invece che siano totalmente privi di questa coscienza e peggio ancora a volte pare siano totalmente privi di coscienza, avendo come loro scopo non il bene comune, ma il loro proprio tornaconto (o del loro gruppo). Proprio loro che sono eletti per garantire la pace ordinano il mondo sulla base dello scontro, ponendo al centro della loro politica il contrasto. “America  rst” (prima l’America) recita lo slogan di Trump che tanto ha avuto successo negli USA e che ha anche ricevuto tanta approvazione in Europa a tal punto da ra orzare quelle forze politiche che nel nostro continente inneggiano a protezionismi e nazionalismi come soluzione ad ogni male. Se davvero vogliamo che la guerra  nisca in ogni parte del mondo dobbiamo iniziare da un cambiamento radicale del modo in cui si pensa alla politica, così da ridare vero contenuto a quello che oggi sembra solo il luogo della gestione del potere o il luogo del comando di uno o più condottieri. Bisogna ribaltare le ragioni attuali del pensiero politico (o almeno di una parte di esso) e al “ rst” statunitense opporre (o riproporre) la necessità di una politica fatta a partire dagli ultimi, dai deboli e dagli indifesi, chiunque essi siano. Non ai “primi” bisogna guardare, ma solo agli “ultimi”. Fare politica ripartendo dagli ultimi non è un atto di magnanimità nei confronti di persone a cui regalare la nostra assistenza, non parliamo di azioni assistenzialiste una tantum, parliamo di ripensare il pensiero politico nella sua essenza. Solo in questo modo usciremo dallo stridere di politiche di chiusura che si scontrano le une contro le altre, abbandoneremo l’idea che governare signi chi essere condottieri di un popolo contro gli altri, abbandoneremo l’idea che possano essere giuste aggressioni punitive volte solo a dimostrare la propria forza e saremo capaci di una politica di apertura che sostenga la convivenza. Per questo Pane Pace Lavoro invita tutti a condannare, costantemente e senza mezzi termini, quelle politiche che fanno del contrasto la loro forza e a ribadire ancora insieme “no alla guerra”.

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