Tanto tuonò che piovve. Il granitico, infrangibile presidente della Regione Lombardia, già sotto tiro da parecchio tempo, è stato scosso da quello che sembra un colpo definitivo: l’abbandono della Lega Nord, provocato (che sia indignazione vera o solo l’aver preso al volo un pretesto decente non discuteremo qui) dal caso dell’assessore che per farsi eleggere aveva comprato un po’ di voti dalla ‘ndrangheta. Ma come? A Milano? Ebbene, sì, e non deve neanche stupire al di là del bisogno. Che il baricentro della malavita organizzata si stesse spostando dal Sud al Nord, e in particolare a Milano, capitale della finanza, era cosa nota da tempo, e del resto è la conseguenza logica del suo passaggio – almeno come attività strategica principale – dal maneggio della pistola a quello del denaro. Ciò premesso, è comunque uno choc apprendere non tanto che un uomo politico abbia preso i voti dalla malavita, quanto il fatto che questa sia stata (e presumibilmente sia ancora) in grado di fornirgliene in tale quantità – e anche ad un prezzo relativamente basso (si parla di 50 euro pro capite), cosa che può suggerire qualche considerazione sugli effetti della crisi, anche nelle regioni ricche. Ai tempi di Lauro, nella povera Napoli, un paio di scarpe costava, tenuto conto del diverso valore della moneta, certamente più di 50 euro. Certo, si dirà, in una società mercificata come la nostra, tutto si vende, e quindi perché no i voti? Basta che qualcuno abbia i soldi per comprarli. Dopo tutto, ciascuno vende ciò che gli rimane, o forse ciò cui tiene di meno, cosicché il basso prezzo del voto potrebbe anche essere attribuito (ovviamente in misura variabile a seconda dei soggetti coinvolti) non solo al disperato bisogno di soldi ma anche alla cosiddetta disaffezione per la politica. Forse qualcuno si sarà meravigliato che persone non manifestamente fuori di senno gli offrissero soldi in cambio di quello che per lui non valeva niente. Si obietterà che questo non era ciò cui pensavano coloro che inventarono la democrazia. Appunto, non ci pensarono. Non tutti, però. Per esempio, Gottfried Keller, ispirato cantore del civismo elvetico, già nell’Ottocento profetizzò che la democrazia sarebbe andata in crisi il giorno nel quale qualche potentato economico avesse avuto abbastanza soldi da comprarsi i voti. Anche Tocqueville, nella “Democrazia in America” (1835), indica una certa eguaglianza delle condizioni economiche come uno dei requisiti perché ci possa essere democrazia. E se poi vogliamo scomodare i classici, rammentiamo che il regime repubblicano dell’antica Roma andò in crisi quando alcuni cittadini, come Crasso, diventarono tanto ricchi da potersi pagare un esercito privato, togliendo così allo stato (res publica) il monopolio della forza. Scomodare la grande storia a proposito delle squallide vicende di qualche nostro contemporaneo può sembrare un lusso eccessivo. Non dimentichiamo però che dietro ogni squallore privato di solito si trova una discrasia pubblica (vedi Tangentopoli).
Per gli orgogliosi milanesi è un colpo duro. Tanto da far passare in seconda linea l’attenzione alle conseguenze più strettamente politiche dell’atto che nell’immediato provocherà la caduta di Formigoni, ossia il distacco della Lega dal Pdl, in pratica la spaccatura del blocco di destra, che in tal modo viene a perdere la sua componente populista, finora tenuta sotto controllo grazie a tale alleanza. Che cosa succederà se la Lega – nata al grido di “Roma ladrona” – dovesse tornare alle sue origini vagamente giustizialiste? Si unirà al coro dell’antipolitica? Oltre che la fine del Pdl, per il quale il controllo della Lombardia era l’ultimo elemento importante di un’egemonia ormai in sfacelo, quello che accade oggi potrebbe essere anche l’inizio della fine della Seconda Repubblica, già vacillante sotto il peso di altri scandali (infatti già si profila l’analogia con la Prima, nell’uso che si incomincia a fare di termini come “nuova Tangentopoli”). Non piangeremo, certo, ma quali prospettive ha la Terza Repubblica di riuscire meglio? Le componenti strutturali sono sempre le stesse. Potrebbero cambiare almeno le regole del gioco? (a.g.)
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