Rimaniamo allibiti e sconcertati dall’attuale evoluzione della scena politica italiana; solo due mesi fa Pane Pace Lavoro, con una scelta sofferta e difficile presa solo dopo aver tentato tutte le strade che la democrazia ci consentiva per intervenire direttamente (compresa quella della presentazione di una propria lista) aveva invitato i propri sostenitori a votare per la coalizione che sosteneva la candidatura di Bersani alla guida del Governo. Scegliemmo quella coalizione per i segnali di maggiore democrazia che da quell’area di sinistra erano venuti pur non rispecchiandoci mai completamente in essa. Oggi ci sentiamo totalmente traditi dalla decisione, di quegli stessi politici, di formare un Governo insieme a chi ha volutamente, sostenendo solamente i propri interessi, ridotto l’Italia alla drammatica situazione attuale.
Chi aveva scelto per un’idea di società opposta a quella rappresentata dai partiti di destra si trova oggi imposto un Governo che deciderà riguardo alla scuola, alla sanità, al lavoro, all’economia, all’edilizia, all’ambiente, ai trasporti, alla cultura avendo sotto lo stesso tetto programmi che, in campagna elettorale, erano, a parole, diversi e inconciliabili.
Inoltre, quella che oggi è stata imposta agli italiani, non è una soluzione né “politica” né pluralistica.
Non è politica poiché rappresenta gli interessi di un unico ceto sociale, trasversale ai partiti, teso solo ad arroccarsi sui suoi privilegi, mentre la politica è, nella sua reale natura, una forma alta di cultura che tende alla cura del proprio popolo. Di conseguenza non è nemmeno una situazione di pluralismo, poiché non è la ricerca del dialogo tra posizioni diverse, ma un unico minestrone cucinato dalla stessa oligarchia.
Siamo inoltre preoccupati per la posizione di un movimento che si spaccia come voce del popolo ma che, nei fatti, ha fatto il gioco di chi dice di combattere. La completa mancanza di dialogo ha spinto, ancora una volta, il Paese a destra ignorando completamente l’urgenza del momento storico e anteponendo la propria immagine a quella che poteva essere la vera svolta nella politica italiana. Certo, una posizione diversa su un candidato comune al Quirinale avrebbe potuto aprire porte ormai sigillate, ma non è con una votazione online o con una diretta streaming che si fa la democrazia, essa nasce dall’incontro, dal dibattito, dalla vivacità culturale di un popolo. Inoltre la democrazia richiede il coraggio di un pensiero comunitario, dell’intelligenza di una scelta personale, altrimenti rimarremo fermi ai partiti personalistici tipici delle dittature novecentesche.
C’è urgenza di uomini e donne che si dedichino alla politica per attenzione alla libertà e alla giustizia, alle esigenze e ai valori umani, che riprendano a domandarsi che cosa sia possibile fare davanti alla mancanza di coraggio, davanti alle ingiustizie, al continuo sopruso del ricco sul povero, del forte sul debole.
Pane Pace Lavoro vuole essere tentativo di resistenza a un potere mediatico e finanziario che spezza l’uomo, che lo fa scomparire dietro ai ruoli (consumatore, produttore, padre, figlio, spettatore, elettore) che a questo potere interessano, così da ridurne la grandezza a un singolo particolare più comodo da manovrare.
Pane Pace Lavoro 27 aprile 2013
La composizione dell’attuale governo, al di la dei singoli che lo compongono. è semplicemente un palesamento di una serie di rapporti sia istituzionali che personali che ha attraversato trasversalmente il parlamento negli ultimi vent’anni. Il presidente del consiglio, nipote del braccio destro di Berlusconi e cattocomunista di ferro 8più catto che comunista a dire il vero) ne è l’espressione più alta.
Le responsabilità del movimento cinque stelle sono gravi, ma se il loro unico intento era quello appunto di favorire questo palesamento, allora il loro scopo è stato raggiunto. Vittoria di Pirro che apre inquietanti domande su chi finanzi e motivi realmente questo movimento, perchè lo stesso risultato si poteva ottenere dando fiducia a bersani e poi sbugiardandolo al primo errore, invece si è scelto di mandare a casa Pierluigi e tenersi Silvio: singolare no?
Il quesito che ora si pone però è serio: a chi rivolgersi per articolare una seria proposta di alternativa di governo sia locale che nazionale?
l’unica cosa che potevamo fare come cittadini andando a votare era dire quali “politiche” (per dirla con Letta) non volevamo. Molti di noi non volevano più le politiche di Berlusconi e della destra. Oggi ci dicono che questo era l’unico governo possibile, perciò, cari cittadini, mangerete la minestra che vi cucinerà. Sono stati scelti cuochi per tutti i palati: il cattolicone, la radicale, lo sportivo, il banchiere, il sindaco esperto. Questi non poteva farsi sfuggire un’occasione così ghiotta anche se sa bene che se eliminerà l’IMU, nelle città aumenteranno tutte le altre tasse e le rette degli asili e dei ricoveri. 21 ministeri, così nessuno rimane scontento. Quello che mi pare mancare del tutto è la cultura. Gli uomini che scrissero la Costituzione venivano da schieramenti diversi ma non sono paragonabili a questo minestrone di oggi proprio perchè erano portatori di una cultura, cioè di storia vissuta da tutelare nei diritti e nei doveri. L’esperienza di una cultura identitaria dà le parole di un dialogo reale e fa vedere le azioni che servono per costruire una società abitabile da tutti. Oggi paiono sufficienti le tecniche: buoni esperti che sappiano guardare negli occhi lo spread, che scudano i patrimoni, che intronano inflessibili esattori. Anch’io ho un sogno: che i giovani possano tornare a vivere la cultura dell’umano e possano diventarne costruttori. Speriamo che Letta sappia liberare spazi perchè possano farlo.