Raniero La Valle – La politica come servizio

trascrizione di parte degli appunti della conversazione con Raniero La Valle
organizzato da Pane Pace Lavoro a Reggio Emilia il 19 marzo 2011


D: La situazione politica nazionale ci mostra un governo che compie vere e proprie barbarie contro la Costituzione e l’assetto della Democrazia così come era stata pensata dalla Costituente. Crede che si possa fermare tutto ciò?

R: Secondo me sì, anche se è una lotta. Siamo noi che dobbiamo fermarle e quindi siamo noi che dobbiamo trovare i mezzi e le vie per fare questa lotta. In quest’ottica diventa allora fondamentale il tema dell’amore, che, essendo un grande movente dell’azioni umane, può essere movente per le azioni politiche. Se voi guardate agli uomini che hanno fatto la resistenza, i partigiani, essi hanno veramente offerto se stessi e questo vale anche per la costituente; uomini come Calamandrei, come Rossetti, Lazzati, Angela Gotelli, loro hanno fatto tutto per amore. Perché hanno cercato di scrivere quelle parole e quelle leggi? Perché volevano creare una società dove la gente potesse avere l’esperienza di una vita comune e libera. Quando l’articolo 3 della Costituzione rimuove gli ostacoli che sul piano economico e sociale impediscono alla gente di realizzare se stessi che cosa dimostra? Che c’è molta gente che non è felice, anzi che non può nemmeno cercarla questa felicità perché è in una situazione di povertà o privazione che non gli permette nemmeno di concepire la parola felicità. La politica, certo, non può darti la felicità, anche perché dipende da come ogni singolo la concepisce, ma qualunque sia l’ideale di felicità che uno persegue, se ci sono ostacoli che lo impediscono la Repubblica li deve togliere: è un amore che diventa ispiratore e istituzione. La politica, dunque, deve realizzare una società dove la gente possa amarsi e perseguir e proprio fine e la propria felicità. Le possibilità ci sono, ma oggi tentano di toglierci tutto: la Costituzione è sotto un durissimo attacco.

D: Data la sua esperienza di politico oltre che di giornalista, crede sia necessario per l’uomo che fa politica avere una formazione che lo renda più un professionista che il rappresentante di un popolo?

R: Capisco che non piaccia il professionismo politico, ma anche la politica è una scienza e bisogna sapere tante cose per fare politica. Quando nel ’76, io che venivo dal giornalismo, andai in Parlamento, pensavo di potere continuare a fare il giornalista, e mi illudevo di potere fare entrambe le cose. Non ho potuto farlo, perchè il tipo di assorbimento, di impegno, anche per farsi le competenze necessarie, non permetteva di fare altre cose. L’attività del legislatore, è un attività complicata; questa diventa una forma di oligarchia o autoreferenzialità se il parlamentare non si sente di rappresentare qualcuno. Anche su questo punto in Italia è in atto una devastazione perché si fanno liste bloccate, per cui i parlamentari sono decisi dai capi partiti, oppure si fa una legge elettorale che è fatta per escludere: che rappresentanza c’è?
Noi abbiamo creato un sistema in Italia, in cui si è fortemente deteriorata la cultura politica. È considerato normale che la politica sia uno scontro ad oltranza l’uno contro gli altri, come se la politica fosse solo annientarsi a vicenda. Ne sono esempio le rappresentazioni che abbiamo ogni sera in televisione: è una rappresentazione beduina della politica. E se mettiamo da parte le parole, gli insulti, e guardiamo anche solo le espressioni lo notiamo tanto che mentre uno parla, la faccia dell’altro è già piena di disprezzo; è un insulto al vivere insieme, perché prima ancora di parlare bisogna fare vedere che l’altro è disprezzato. Questo sta diventando una cultura non è più politica. Dobbiamo creare degli antidoti, dobbiamo reagire, stabilendo anticorpi. Forse è ambizioso dire l’amore, ma tra questo è l’odio ci saranno fasi intermedie.

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