Tasse: i diritti violati

Stando al sito del ministero della difesa, le forze armate italiane sono presenti in: Islanda, Bosnia, Kosovo, Macedonia, Mediterraneo, Malta, Cipro, Siria, Libano, Hebron, Israele, Gaza, Egitto, Sudan, Libia, Marocco, Mali, Congo, Somalia, confine tra India e Pakistan, Afghanistan. I soldi per la scuola, per la sanità, per il lavoro si devono innanzitutto trovare dal taglio della spesa militare. Missioni di soccorso come la “Mare Nostrum” incidono pochissimo sul bilancio dello stato rispetto all’impegno in Afghanistan dove siamo forza occupante, a traino di una guerra scoppiata per il petrolio con scuse “preventive” risultate inventate.

Chiediamo che il Governo parta innanzitutto da questa riduzione di spesa e non dall’aumento, ormai insostenibile, dei costi dei generi di prima necessità in cui includiamo con forza anche istruzione e assistenza sanitaria! Chiediamo che i governanti s’impegnino davvero in scelte diverse, capaci di far progredire il paese. La tendenza degli ultimi anni è invece di far regredire la nostra Italia demolendone le politiche sociali e del lavoro fino ad ora esistenti. Come cittadini dobbiamo esigere dai nostri politici che queste riforme siano messe in atto immediatamente, non possiamo lasciare che si chiedano continuamente sacrifici al popolo in nome di una stabilità dei mercati che a quello stesso popolo non porta nulla! Cari governanti dovete cominciare a ripensare questo modello economico che opprime il povero per ingozzare il ricco.

Oggi, mentre ci fanno credere di essere tutti al lavoro per risollevare le sorti del Paese, permangono delle ingiustizie che in realtà mettono in ginocchio economicamente il singolo cittadino: assurdità come ad esempio l’iva applicata sulle tasse nella bolletta del gas o come i continui rincari e le penali imposte a chi, non per arricchirsi, ma schiacciato dalla crisi, non riesce a pagare le tasse per altro esorbitanti (una prova di questo sono le cooperative sociali che continuano a chiudere schiacciate dai debiti con Equitalia, accumulati, contro qualunque teoria del profitto, per poter continuare ad offrire un servizio ai cittadini).

Allora, ancora, cari governanti vi diciamo che i lavoratori sono una risorsa per il Paese e non un pozzo dal quale attingere denaro per arricchire i già ricchi produttori; che lo Stato non può ragionare al di fuori di qualunque responsabilità sociale in virtù del necessario guadagno degli azionisti (teoria assurda anche per il settore privato!), perché lo Stato non è un’ impresa e quindi ai vostri manager, tecnici, industriali e professori che tanto osannate come salvezza del sistema politico noi opponiamo e proponiamo politici seri ed umani, interessati alla persona e non alla prosperità dei potenti.

Ma questa rivoluzione non potrà mai avvenire se noi cittadini non siamo disposti ad una rivolta delle coscienze, non solo possibile, ma indispensabile per cambiare la situazione attuale.

Questa rivolta richiede un cambiamento profondo di sguardo da ciò che, in questi anni, il potere ci ha messo davanti come mito da raggiungere. Non esiste la vita facile dei telefilm di Mediaset e non è far politica lo stare sul divano ad ascoltare i dibattiti TV.  Per cambiare le cose non basta votare l’uomo nuovo, sia esso un giovane sindaco o un comico, occorre agire, nel nostro particolare, affinché ogni uomo su questa nostra amata Terra, se lo desidera, possa vivere in libertà, pace e giustizia. Occorre tener presente in ogni scelta i poveri, gli oppressi, i deboli, gli ammalati, le vittime, le persone stanche e disanimate, quelli che, forse, attendono proprio una nostra azione, un nostro gesto per rimettersi in marcia.

Pane Pace Lavoro, 26 ottobre 2013

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