Terremoto e nucleare in Giappone

Alle 14.46 dell’undici marzo un terremoto di magnitudo 9.0 scuote il Nord-Est del Giappone. L’epicentro è stato localizzato a circa 130 km sotto il livello del mare, in direzione Sud-Est della Penisola di Oshika, nella prefettura di Miyagi. E’ stato registrato il più alto livello di intensità, livello 7 sulla scala sismica giapponese. La scossa è stata sentita a centinaia di chilometri di distanza, includendo la metropolitana di Tokyo, registrando un livello di intensità pari a 5.

La scossa ha poi causato un gigantesco tsunami, con onde alte 18.5 metri ma, la più alta, ha raggiunto i 37.9 metri, che ha distrutto le città del nord-est situate sulla costa pacifica, spazzando via le case a le auto, comprese alcune strutture pubbliche e rifugi. I beni di prima necessità, come acqua, gas e trasporti pubblici, sono stati sospesi e la gente che ha potuto, fortunatamente, rifugiarsi sui tetti degli edifici, ha poi dovuto soffrire il freddo della notte. Il numero dei morti e dei dispersi alla fine di aprile ammontava a circa 26.592: 14208 morti (il 90% annegati) e 12384 dispersi. Ad oggi, ancora più di 150mila persone sono obbligate a vivere in rifugi.

Ciò che è ancora più grave, dopo essere stato colpito dal terremoto e dallo tsunami, il Giappone ha vissuto l’incidente, grave tanto quanto quello di Chernobyl, (al livello 7, il più alto livello della International Nuclear Event Scale) dello stabilimento n°1 di Fukushima nella Prefettura di Fukushima.

Prima di riportare i dettagli sullo stabilimento n°1, lasciatemi spiegare il sistema di produzione nucleare e i suoi rischi.

Uno stabilimento nucleare genera elettricità da una produzione di vapore indiretto: si porta l’uranio al punto di fissione in una fornace (reattore nucleare). Il grande calore che si sviluppa viene utilizzato per produrre vapore che viene introdotto in una gigantesca turbina connessa a un generatore. I prodotti della fissione e i materiali che possono produrre reattività sono mantenuti all’interno del reattore così come l’uranio bruciato. Uno stabilimento nucleare che produce 1 milione di KW al giorno genera circa 3kg di prodotti della fissione, che in un anno raggiungono i 1000 kg. Considerando che la quantità dell’uranio presente nella bomba atomica di Hiroshima era di “solo 80 g.”, potete rapidamente immaginare quanto sarebbe pericoloso se i prodotti della fissione finissero nell’ambiente. Dato che tali prodotti producono una grande quantità di calore che può causare pericolosi incidenti -chiamati “fusione”- se non sono costantemente raffreddati, i materiali fusi ad alta temperatura poterebbero rompere la base del reattore e unirsi con l’acqua circostante, ciò produrrebbe un’esplosione freatica e la maggioranza dei materiali radioattivi contenuti nel reattore sarebbero sparati in aria.

A Fukushima c’erano quattro reattori in tale situazione di pericolo. In più, il reattore3 stava usando carburante MOX che include il “plutonio”, l’elemento più velenoso che l’uomo abbia mai scoperto, 200mila volte più velenoso dell’uranio.

Nello stabilimento n° 1 di Fukushima ci sono sei reattori. Quando il terremoto e lo tsunami hanno colpito la costa nord orientale del Giappone, inclusa la Prefettura di Fukushima, erano in funzione i reattori 1, 2 e 3, mentre i numeri 4, 5 e 6 erano spenti per manutenzione. L’attività si è automaticamente interrotta, così come il processo di fissione, ma lo stabilimento ha perso completamente tensione e così è stato impossibile utilizzare le pompe per raffreddare i reattori. In più, le taniche, piene di diesel di emergenza per i reattori, sono state spazzate via dallo tsunami. Come risultato del surriscaldamento è iniziata la fusione. Le esplosioni di idrogeno hanno distrutto i tetti dei reattori 1 e 3 mentre quello del reattore 4 è bruciato in un incendio. E’ stato danneggiato il 70% del reattore n°1, il 30% del n°2, il 25% del n°3 e parte delle cisterne del reattore n° 4 sono anch’esse danneggiate. Al fine di evitare esplosioni su larga scala sono stati liberati gas radioattivi direttamente nell’ambiente. Uno sforzo disperato di gettare acqua sui reattori e nella piscine per evitare il rischio radiazioni è stato compiuto dagli elicotteri e dalle pompe meccaniche della Ground Self Defense Force. A causa di questa serie di esplosioni e conseguenti fuoriuscite di gas, i materiali radioattivi si sono dispersi nell’aria, nel suolo e nell’oceano. Per ora, l’alimentatore esterno è stato restaurato e le pompe di irrigazione temporanea continuano a lavorare, tuttavia, non esiste una previsione della fine dei lavori per la messa in sicurezza. In più, forti scosse di assestamento continuano a colpire il Giappone; in particolare, l’11 aprile scorso, una scossa molto forte ha bloccato nuovamente l’energia elettrica per 50 minuti e con essa anche le operazioni di raffreddamento con le pompe di irrigazione.

Secondo il professore Hiroaki Koide, dell’Istituto di Ricerca sui Reattori della Kyoto University, il Giappone è sul filo del rasoio anche se le possibilità di una fusione sono scese al di sotto del 50%. La temperatura dell’acqua dentro al reattore ha raggiunto quasi i 100°C e il raffreddamento non è più sufficiente. “Se non riusciremo a raffreddare il reattore la fusione nucleare sarà anche peggiore” avverte. Il Governo ha disposto una zona interdetta di circa 20 km intorno allo stabilimento e ha avvertito la popolazione residente nei successivi 10 km di barricarsi in casa. Circa 70mila persone sono state evacuate. La contaminazione ha privato la gente non solo della propria casa ma anche del modo di vivere, in particolare per i contadini, i produttori di latte e i pescatori.

Disinteressandosi dei coraggiosi lavoratori che lavorano nell’area, combattendo contro il tempo e il rischio della loro vita, la maggior parte di loro contrattati da ditte appaltatrici, il Presidente della Tokyo Electric Power Co. – gestore dell’impianto n°1 di Fukushima – continua a descrivere la crisi “oltre ogni previsione” e tenta di accusare “lo storico terremoto e il gigantesco tsunami”. A proposito, l’Agenzia Metereologica ha modificato la magnitudo del terremoto di marzo per quattro volte da 8.3 a 9.0 senza dare nessuna spiegazione. Hanno cambiato il metodo di calcolo rispetto a quello solitamente usato nei terremoti passati (i cambiamenti di magnitudo dipendono dal metodo utilizzato per il calco). Il punto è: qualcuno potrebbe aver voluto dichiarare la scossa più forte di quella che è stata? Inutile dire che esiste una legge che permette alle compagnie elettriche di non pagare i danni se causati da “straordinari e gravi calamità naturali”.

Lungo la costa di questa isola sismica che è il Giappone ci sono 54 stabilimento nucleari, incluso un reattore nella Prefettura di Fukui che rischia la rottura in quanto accidentato. Il Giappone ha anche uno stabilimento di riciclaggio nella Prefettura di Aomori, che produce, in un giorno, tanta radioattività quanta ne produce uno stabilimento nucleare in un anno, e un guasto è avvenuto nelle sedi vicine. Sorprendentemente, i siti in cui vengono costruiti questi stabilimenti coincidono con le aree in cui i terremoti possono accadere in ogni momento. I sismologi avevano avvertito di cosa sarebbe successo se un grande terremoto e uno tsunami avessero colpito lo stabilimento di Fukuschima. Le compagnie elettriche continuano a costruire per i loro profitti mentre la popolazione, indifferente e ignorante, continua a credere che il nucleare sia un’energia “pulita” e “sicura” che è “indispensabile” per la loro vita ed economia.

Il Primo Ministro Naoto Kan ha avuto un colloquio con il presidente del partito comunista Kazuo Shii e ha deciso di riflettere sul progetto energetico del governo che prevede di costruire almeno 14 nuovi stabilimenti nucleari entro il 2030. In ogni caso, il partito liberaldemocratico e i media hanno criticato il governo di Kan come se si fossero dimenticati che chi è attualmente al potere, negli ultimi sessanta anni (eccezion fatta per questi ultimi 2), ha promosso l’energia nucleare. Oltretutto i liberaldemocratici hanno anche rifiutato la richiesta di coalizione fatta da Kan per far fronte a questa emergenza nazionale. Infine, i sostenitori dell’energia nucleare hanno ottenuto un successo in una elezione amministrativa dopo il terremoto dell’undici marzo. Nel frattempo, i media, tramite reportage quotidiani, aumentano la paura della gente preannunciando la mancanza di energia elettrica in estate; la maggioranza delle persone ritiene ancora che senza l’energia nucleare si tornerà all’Età della Pietra.

Certamente economizzare è essenziale. La fornitura di energia elettrica in Giappone potrebbe finire ma non ci saranno grossi problemi se la società di energia elettrica diminuisse la produzione di energia termica ed idraulica rispetto al normale modus operandi. Per ora, ci sono misure di riduzione delle forniture elettriche, sono state bloccate le vendite di macchinari che superano l’utilizzo di 1 milione di KW, è previsto lo spegnimento delle luci al neon come la diminuzione dell’orario lavorativo e così via. Tutto ciò è un insulto alla gente esiliata dalle loro case a causa dell’incidente di Fukushima. Il popolo giapponese è nuovamente ingannato e costretto a dire: “Le centrali nucleari sono spaventose, ma non abbiamo altra scelta”.

Tokai Area, la parte centrale del Giappone nella quale io vivo, è stata scarsamente danneggiata dal terremoto dell’undici marzo, ma è stata già colpita da terremoti anche maggiori. Nella zona alta, nella Prefettura di Shizuoka, in prossimità dell’epicentro di passati terremoti, c’è la centrale nucleare di Hamakoa. Abitando qui, io posso vivere tranquilla solo grazie alla presenza dei miei amici che lavorano in due associazioni attive da molti anni: Olive Japan e The Others. Dopo il terremoto, per due settimane, hanno organizzato una quotidiana raccolta fondi, come già avevano fatto per l’Honduras quando venne colpito dell’uragano Mitch. Abbiamo raccolto 300mila yen inviati nelle zone colpite attraverso la Caritas giapponese. Abbiamo poi iniziato dei gruppi di studio sulle centrali nucleari per avere una giusta informazione.

All’inizio sono rimasta molto scioccata dalla tragedia che ha colpito il mio paese, terrificata per l’incidente a Fukushima e anche depressa pensando ai futuri terremoti che sarebbero arrivati, con la concreta possibilità di un incidente nucleare anche nella zona in cui vivo. Rimanendo però con i miei amici nelle strade, pregando per le vittime, cercando di studiare per capire la verità, ho potuto ritrovare la pace nel mio cuore. Inoltre, gli abitanti del nord del paese che si stanno aiutando a vicenda anche se hanno perso i loro cari e le loro case e anche quegli sconosciuti eroi che stanno combattendo a rischio della loro stessa vita nello stabilimento di Fukushima mi hanno dato il coraggio di andare avanti. Spero che il Giappone non sprechi questa dolorosa esperienza ma anzi ne faccia l’opportunità per cambiare direzione tramite la coscienza e il senso di responsabilità delle persone.

Per finire questo articolo vorrei citare le parole dell’ex Governatore di Okinawa Masahide Oota, sopravvissuto alla battaglia di Okinawa della Seconda Guerra Mondiale: “Quando capita un disastro naturale la gente si sente triste e vorrebbe fare qualcosa per le vittime, sebbene le vittime di guerra non sono mai abbastanza enfatizzate e dimenticate”.

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