Il teatro della libertà perde il suo papà

di Monica Lanzoni


E’ difficile scrivere di qualcuno che non c’é più, soprattutto se non abbiamo mai avuto la fortuna di conoscerlo personalmente. In questi giorni sono tanti gli amici di Juliano che stanno testimoniando la persona che era, la sua umanità straordinaria, la sua scelta di lavorare per la pace e la giustizia, avendo deciso di farlo in un luogo dove queste due parole non riescono più a trovare un senso. Juliano Mer-Khamis aveva forse messo in conto, decidendo nel 2006 di ridare vita al Teatro della Libertà che sua madre, Arna, aveva iniziato durante la prima Intifada, che questo lavoro, diventato la sua vita, avrebbe chiesto tanto, tutto. E’ stato ucciso, barbaramente ucciso lunedì 4 aprile, sulla strada che lo portava dalla sede del Teatro, che si trova nel campo profughi di Jenin, a casa sua. In macchina con lui, anche suo figlio di otto mesi e la baby sitter che miracolosamente non sono stati feriti. Un uomo incappucciato è uscito fuori dal nulla, gli ha sparato cinque colpi che l’hanno ucciso all’istante, ed è fuggito. Alla fine degli anni ottanta, Arna Mer, la madre di Juliano, raccolse attorno a sé un gruppetto di bambini nel campo profughi di Jenin; diede loro la possibilità di avere un luogo dove potersi esprimere culturalmente e artisticamente e curare così le ferite di una guerra che vivevano troppo da vicino. Era il suo modo per proteggerli da ogni tentazione di vendetta e di violenza. Lo Stone Theatre di  Arna divenne una realtà importante, ma dopo una grave malattia Arna muore, e il teatro finisce con lei. Qualche anno dopo, nel 2002, i carri armati entrano a Jenin e alcuni dei bambini di Arna rimangono uccisi. Juliano decide così di ritornare nel campo e di raccontare dello Stone Theatre e di quei ragazzi, realizzando il film “Arna’s Children”. Il successo del film gli dà così la possibilità di ricevere finanziamenti per portare avanti il progetto di sua madre. Nel 2006 riapre il Teatro, con il nome di Freedom Theatre, insieme a Zakarya Zubedi, un ex militante delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa. La presenza di Zubedi non l’ha salvato dalle minacce personali. Il teatro era stato attaccato due volte, due anni fa aveva lui stesso subito minacce personali. Era una persona scomoda Juliano, una di quelle persone che dicono la verità a tutti i costi, che non possono fare altrimenti. Era nato a Nazareth da madre ebrea e padre palestinese cristiano, si sentiva al 100% ebreo e al 100% arabo, perché, diceva “non posso dividermi tra mia madre e mio padre”. Juliano era stato minacciato più volte, ma non voleva scappare, non era “un uomo che fugge”, diceva. Da parte e dall’altra, la sola esistenza del teatro dava fastidio. Esso era, ed è ancora, la testimonianza vivente della miseria e dell’ingiustizia in cui i palestinesi dei territori occupati sono costretti a vivere a causa dell’occupazione israeliana. Molti della comunità palestinese d’altra parte, non vedevano di buon occhio il fatto che un progetto così importante come il teatro fosse nelle mani di un”mezzo ebreo”, e alcune delle scelte artistiche di Juliano vennero duramente contestate. Durante la messa in scena di “La fattoria degli animali”, alcuni ragazzi dovettero interpretare dei maiali, animale impuro per l’Islam. Anche “Alice nel paese delle meraviglie”, avrebbe dovuto essere un grande scandalo. Spiega Juliano “la nostra Alice non è una ragazza stupida che scopre che c’è un bruco, la nostra Alice si ribella. C’è la tradizione, la religione, la scuola, la mamma e il papà, ma in tutto questo lei dirà ‘Fermi tutti, io ho la mia strada da seguire’, e questo è pericoloso”.
In questi giorni ci siamo anche chiesti chi ha potuto uccidere un uomo così, e punteremo il dito verso l’uno e verso l’altro. Michel Warschawski, un amico di Pane Pace Lavoro, e un amico di Juliano, ha scritto sul suo blog: “Ebreo ucciso dai palestinesi è il titolo ricorrente nella stampa di lingua ebrea. Falso. Attivista per la giustizia ucciso da criminali inumani”.