La pancia fine della politica

di Matteo Riva

Viviamo un’epoca in cui il consenso politico è basato solo sull’immediato e sul bisogno di una mattina, quasi come fosse quello di dover espletare le proprie necessità corporali; le iniziative politiche tese unicamente a stimolare la rabbia e l’invidia sociale ci sono sempre state, ma sono sempre state marginali fino a qualche decennio fa. Le cause hanno responsabilità precise. Con l’avvento della tv commerciale (in Italia Fininvest poi Mediaset) le cui frequenze sono state sostanzialmente assegnate ad un monopolista, l’editore ha puntato su programmi che sempre di più hanno favorito l’abbassamento del livello culturale del Paese presentandoci, sempre di più, come esempi persone vuote di desideri alti e di cultura. La TV di Stato, la RAI, anziché puntare su una programmazione alternativa ha svolto un inseguimento al ribasso verso il concorrente, il quale, molte volte, nel corso degli anni, si è trovato non solo ad essere l’editore della TV privata, ma anche di quella di Stato essendo, nel frattempo, divenuto il leader del principale partito (Forza Italia) che ha governato il Paese, lo stato e, dunque, anche la RAI. Questo, dalla metà degli anni ottanta, è stato accompagnato da uno svuotamento della funzione educativa e culturale della scuola e dell’università mediante la costante e continua riduzione di finanziamenti e le riforme che si sono susseguite che hanno portato ad una mortificazione della figura del docente-educatore. Quello che doveva essere il riscatto sociale che anche il ragazzo di famiglia povera poteva ottenere studiando, formandosi e laureandosi ben presto si è rivelato una illusione perché, da una parte, i modelli proposti sono stati “personaggetti” vuoti e senza cultura (dai calciatori spettacolarizzati e superpagati prima, ai personaggetti dei reality o dei talk show o agli influencer) il cui insegnamento era quello che si possa ottenere la fama, il successo e la gloria come unico obiettivo della vita e la si potesse ottenere senza studiare, senza faticare e senza impegnarsi. Per ogni “personaggetto” costruito e dato in pasto ad una opinione pubblica sempre più ignorante (nel senso etimologico del termine) e privata di ogni stimolo e provocazione ad alzare gli occhi al cielo, ma a tenerli fissi su uno schermo (prima la Tv, poi il monitor di un computer, infine sul display di uno smartphone) migliaia di persone sono diventate quello che dovevano diventare, non più uomini e donne con un desiderio di felicità e di realizzazione umana da cercare ogni giorno, bensì consumatori. Come il cagnolino con le sue crocchette. Al contempo il lavoro è diventato sempre più precario, intermittente e sottopagato, tant’è che migliaia di giovani hanno abbandonato l’italia per trovare lavoro e opportunità all’estero. 

Siamo arrivati oggi ad avere una classe politica figlia di queste scelte e conseguenza di questa deliberata procedura di distruzione umana di massa. Non voglio ora fare nomi, ma chi conosce i figuri cui è oggi assegnata la responsabilità del destino della nostra bella Italia non avrà difficoltà a riconoscere i nomi e i volti. 

In questo quadro prosperano le posizioni politiche vuote del populismo, un termine che richiama al popolo, ma che punta su quel popolo (che è anche elettore) che è il risultato di quanto dicevo poco fa. Un popolo libero, ovvero istruito e dunque consapevole, non vive di solo cibo, non deve solo riempirsi la pancia, ma deve poter avere una classe politica che, emozionando le coscienze, sappia dirgli che il loro bisogno di felicità, di pace e di giustizia può essere raggiunto se, innanzitutto, si ha la consapevolezza che il mio vicino, il mio collega, il mio compagno di scuola o di università, non è mio nemico, ma è mio fratello in questa avventura umana. 

Allora io credo che si possa anche non essere per forza al governo se la nostra Costituzione (scritta e voluta da chi aveva a cuore il bene ultimo e supremo  degli uomini) protegge le regole democratiche,  se stare al governo significa doversi alleare e farsi inquinare dai populismi (di destra o di sinistra che siano, giallorossi o gialloverdi o gialloneri). Occorre che si costruisca uno spazio e un luogo politico che torni a parlare soprattutto ai cuori e alle coscienze avendo in mente anche le necessità materiali degli uomini, soprattutto i più poveri, ma parli innanzitutto ai cuori. La distinzione netta deve essere questa: chi sta dalla parte della cultura, della conoscenza, dell’umanità, della solidarietà, della pace e dei diritti inalienabili delle persone o chi sta dalla parte della paura, dell’odio della conflittualità, dell’ignoranza e dell’analfabetismo diffuso.

Potremo anche essere minoranza, certamente inizialmente, ma occorre essere chiari e netti nelle intenzioni e dire chiaramente quale sia la nostra proposta di società e al tempo stesso quale non lo sia. Allearsi con i populisti, giustizialisti e portatori dell’invidia sociale come metodo di confronto politico non solo crea confusione, ma ti rende, settimana dopo settimana, uguale al populista che tu non volevi essere. Per questo credo che la sinistra o il centro sinistra o coloro che si ritengono rappresentanti di una cultura politica riformista, socialista e liberal democratica  abbiano commesso un gravissimo errore ad allearsi con i “personaggetti” del M5S. La caduta del Conte I doveva essere l’occasione per riunire le menti illuminate e le intelligenze politiche e culturali del Paese e proporre una proposta programmatica seria e alternativa con cui sfidare Salvini Meloni e Di Maio alle elezioni. Forse non si sarebbe vinto  allora, anche se io credo di si, ma si sarebbe creato il seme di speranza di cui l’Italia ha bisogno. 

Ma davvero credevano di far saltare i piani di Salvini formando un governo (con lo stesso Premier di Salvini, per altro) con la Lega all’opposizione che ha evitato le elezioni anticipate lo scorso autunno? Oppure i Franceschini, gli Zingaretti, gli Orlando, i Bersani, i Renzi non hanno usato un mezzuccio per garantirsi ancora qualche mese di sopravvivenza in parlamento? Perché è questo che sorge spontaneo pensare, perché è questo che ci stanno dicendo i decreti sicurezza di Salvini ancora lì e mai aboliti, perché è questo che ci dice che il portavoce e maggior consigliere del Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana sia quel “personaggetto” di Rocco Casalino, divenuto famoso per quei reality di cui vi parlavo all’inizio del mio ragionamento.
 
Davvero non hanno capito che era proprio questo il piano di Salvini per ottenere i suoi “pieni poteri”? Che il suo piano è lasciare che siano altri a varare la manovra lacrime e sangue che lui avrebbe dovuto fare e che gli avrebbe fatto perdere consenso (principale ragione per cui ha staccato la spina proprio ad agosto)? Davvero state mettendo voi le mani nelle tasche degli italiani per trovare i 23 miliardi di euro necessari ad evitare l’aumento dell’IVA, che lui avrebbe dovuto trovare? Davvero avete voluto lasciarlo all’opposizione di un governo che, guarda caso, appena è stato estromesso, si accanisce sui poveri italiani? E che “ah… se ci fosse ancora lui, se ci fosse ancora Salvini tutto questo non sarebbe successo”.
 
Davvero avete voluto fare questo? Davvero avete voluto regalargli mesi di propaganda all’opposizione, libero di poter parlare di inciucio, di poter dire: “Se mi avessero lasciato governare avrei fatto la flat tax, ma loro non la vogliono”; “Se mi avessero lasciato governare avrei risolto questa cosa dell’Iva… avrei messo l’Europa con le spalle al muro… avrei fermato quel barcone… avrei… avrei.. avrei… ma me lo hanno impedito con l’inciucio e togliendovi il voto”.
 
Possibile che la sinistra, da molti anni, per governare non accetti mai di poter vincere le elezioni o, in alternativa, di poter stare all’opposizione a costruire seriamente una alternativa? Perché prima, per governare, si è alleata con l’avversario Mastella, poi, per governare, con l’avversario Casini, poi, per governare, si è alleata con l’avversario Berlusconi, poi, per governare, si è alleata con l’avversario Verdini e oggi, per governare, si è alleata con l’avversario Di Maio. Ma davvero pensano che l’elettore non sia stanco di votare un partito che non sappia stare all’opposizione in maniera seria, dura o costruttiva quando serve ma per sopravvivere deve per forza avere i suoi dirigenti a occupare ruoli di Ministro o di sottosegretario? 
 
Probabilmente andare al voto a ottobre significava dare a Salvini e soci il 40% dei consensi. Ma andarci domani significherà regalargli il 60%. E con il 60% se la può cambiare da solo la Costituzione.
 
Di una cosa, dunque, bisogna prendere atto: non sempre tutto si può evitare. 
 
All’orizzonte c’è già ormai un governo Salvini: questo bisogna metterselo in testa. Bisogna solo capire se vogliono farlo vincere o farlo stravincere. E tremo all’idea che qualcuno creda di poterlo davvero battere in spregiudicatezza o sul terreno del populismo. Che davvero creda che il suo obbiettivo reale siano le elezioni subito e non, piuttosto, le elezioni dopo la finanziaria e aver conquistato tutte le Regioni, Emilia Romagna compresa. 
 
Mi chiedo sempre: chissà come sarebbe andate a finire. Forse avrebbe perso, forse avrebbe vinto di poco. Ma non lo sapremo mai. Certamente sappiamo che i dirigenti dei partiti della sinistra al governo, tutti, nessuno escluso, non sono all’altezza del compito che gli spetta e, speriamo non sia tardi per cambiarli e chiediamo davvero per loro l’intelligenza di poterlo comprendere e agire di conseguenza. 
 
Adesso c’è solo da aspettare. Il tempo darà la sua sentenza. Servirà un miracolo, anzi ne serviranno tanti per sconfiggere la macchina propagandistica delle destre e dei populisti giustizialisti e per affrontare, solitari, questi tempi bui. Se almeno si costruisse, con un programma unitario, comune e condiviso, questa unità dell’alleanza politica che abbia a cuore i desideri più profondi degli uomini e delle donne del nostro Paese sarebbe un primo miracolo. E grazie al cielo, a volte, i miracoli accadono.

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