Noi, stranieri in patria

Dopo le ultime elezioni politiche l’Italia sta conoscendo un momento molto preoccupante per la vita politica del Paese. Abbiamo oggi un governo che prima ancora di iniziare il proprio mandato si è presentato al Paese minacciando il Presidente della Repubblica, un governo formato da ex contendenti (5 Stelle e Lega), suggellato da un inedito contratto, nel quale non si intende chi sia il burattino e chi il burattinaio. Tutto questo è stato fatto in nome di un non ben precisato cambiamento, ma va ribadito che il cambiamento non è necessariamente positivo.
Siamo molto preoccupati dei primi passi mossi dal Governo ed in particolar modo dalle azioni e dagli atteggiamenti del Ministro dell’Interno e allora oggi vogliamo dire molto chiaramente e senza troppi giri di parole che noi non ci riconosciamo con questo modo di fare politica, noi non ci riconosciamo con i contenuti di questo governo, noi non ci riconosciamo in questa continua violenza di parole e di azioni che hanno come unico scopo quello di metterci l’uno contro l’altro tra fratelli quali siamo, non ci riconosciamo in un governo che vuole fascisti censimenti etnici, noi in poche parole non ci riconosciamo in questo Governo.
Una particolare caratteristica del nostro popolo, tra le tante sancite anche dalla Costituzione, è l’accoglienza, come quella da sempre fatta alle persone che hanno, per esempio, nella storia anche recente, subito danni da terremoti, inondazioni, qui nel nostro Paese o altrove. Questo movimento popolare, che è sempre esistito, si è dotato anche di strumenti, sempre incoraggiati dalla Costituzione, come Associazioni, Onlus, ONG, ecc. Ha dato vita a alcuni esempi di quei “corpi intermedi” che promuovono nel nostro convivere sociale e politico esperienze di solidarietà.
Ci preoccupa molto che, in nome della nostra sicurezza, si impedisca il soccorso a persone che rischiano la vita nel trasferirsi da altri paesi, nei quali l’unica sicurezza è la morte propria e dei propri cari. Se guardiamo la storia, quanti italiani sono stati migranti, quante persone hanno cercato altrove ciò che qui non era possibile trovare?
Certo, non possiamo ignorare le difficoltà che una così impegnativa convivenza tra persone residenti e persone, spesso in transito, generano. Certo, si verificano confronti tra culture, religioni, modi di essere molto distanti. Ma se si ha desiderio di ascolto, atteggiamento di compassione, se, in una parola, l’altro non è aprioristicamente il nemico, allora cambia il modo, si può fare una politica sull’accoglienza, si può generare un modo di essere più umano.
E non si dica che questo va rigettato come “buonismo”: al contrario, è a partire da un’identità certa che ci si può rapportare positivamente con le altre, salvaguardando i diritti e le aspettative di ognuno. Se, invece, contro l’altro ci viene consentito addirittura di armarci per difenderci, allora siamo davvero su un altro pianeta. Se, sia sul piano nazionale che su quello internazionale, l’Italia limita o addirittura, come sembra, rinuncia a svolgere una funzione di soccorso e aiuto, allora ci troviamo, improvvisamente, in un altro paese. Ci sentiamo noi stessi stranieri in patria.

21 giugno 2018, Pane Pace Lavoro

 

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