Siesta 2008 – Conclusioni

Durante gli studi al liceo, una frase di Seneca mi aveva colpito; dice pressapoco così: “Noi spesso non osiamo agire, perché ci sembra che le cose siano difficili; invece, le cose sono difficili proprio perché noi non osiamo agire”. Per pigrizia intellettuale o per paura di piccole rappresaglie, per interessi economici o per questioni di dominio, per tranquillità da maggioranza silenziosa o per salvare privilegi e abitudini, molti avevano sconsigliato che il PPL tenesse questo happening della libertà. Raccogliendo invece questa sfida, alcune personalità e forze sociali e politiche hanno attivamente collaborato affinché l’happening si potesse realizzare. Così: ciò che molti giudicavano imposibile è avvenuto. Perciò, il primo dato positivo da sottolineare è che questo happening della libertà c’è stato: pur nella sua piccolezza e nella sua caratteristica di “tentativo”, si è fatto. Perciò, se è stato possibile qui, è possibile a tutti ricominciare a mobilitarsi per la libertà, soprattutto in questa situazione di emergenza democratica. Il secondo dato interessante è che, tra i molti dibattiti, discorsi e lezioni, è stato possibile un incontro diretto del cittadino con l’amministratore, con l’intellettuale, con l’esperto, realizzando così quel clima di democrazia vissuta che dovrebbe essere normalmente operato in tutta la vita sociale, pubblica e politica. Sicuramente, molto più che una volta, ci sono oggi gruppi di potere, anche neo-massonici e nascosti, che muovono molti settori dell’attività sociale e politica e che sono per una immobilità della democrazia. Essi agiscono nell’ombra, ponendo ostacoli o bloccando l’informazione, poiché a loro non piace che il cittadino possa, davvero e in sostanza, interferire negli affari economici e politici, affari che essi considerano sostanzialmente “affari loro”. Ma questo happening (che tali forze non sono riuscite a impedire che si svolgesse) ha dimostrato che il cittadino può e deve intervenire in politica, direttamente e attivamente, perché la libertà può vivere soltanto in una democrazia che sia in continuo, e reale, dialogo. L’ostacolo non fa più paura, ma risveglia lo spirito e lo anima a costruire, come ci ricordò Holderlin, ripreso da Heidegger: “Là dove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva”. Il terzo aspetto è che qui, come molti hanno dichiarato, si sono visti all’opera molti giovani. Non si tratta dei giovani militanti di un partito, ma di giovani appassionati all’umanità completa: e, perciò, anche alla politica, politica che essi desiderano che sia, secondo la frase di Giorgio La Pira, “adeguata ai bisogni dell’epoca in cui nasce e si sviluppa, portatrice di alcuni beni essenziali alla vita: il lavoro e, con il lavoro, il pane e la pace”. E questo fatto della presenza attiva dei giovani potrà certamente significare che, anche nelle responsabilità civiche e politiche, ci deve essere una collaborazione, una specie di “scuola”, in cui l’esperienza di chi è cresciuto possa trasmettersi alla creatività nuova di chi desidera crescere. E, forse, i delegati dal popolo (delegati in comune, in provincia, in regione, nello Stato) devono accorgersi di questa gioventù e farle spazio, atteni a un ricambio continuo, lasciandole anche il proprio posto nelle cariche e nel lavoro politico a difesa delle istituzioni democratiche, della giustizia e della libertà. Vorrei infine concludere, ringraziando tutti coloro che, in varie forme, hanno partecipato; e ringraziando tutti coloro che (giovani e non più giovani) hanno lavorato instancabilmente, contribuendo così a dimostrare che c’è ancora qualcuno che desidera lottare veramente, qualcuno che non rimarrà in silenzio di fronte a chi vuole, al contrario, cittadini silenziosi, ossequiosi, pacifici e magari addormentati. E non rimarrà in silenzio, neppure, di fronte ai molti che, oggi, stanno di nuovo ripetendo il solito ricorrente adagio per cui, in politica, ci vorrebbero personaggi “esperti”, cui delegare il tutto. Crediamo, al contrario, che ci vogliano in primo luogo cittadini seri, cittadini maestri in umanità, “esperti in umanità”, cittadini che vogliano essi stessi crescere e che facciano crescere la realtà umana e sociale che viene loro affidata; se così sono, sapranno utilizzare, al fine, gli esperti necessari. Quello di “Pane Pace Lavoro” non è proprio un luogo di cittadini silenziosi, ossequiosi, pacifici e magari addormentati, o creduloni di esperti; ma è un luogo di gente che desidera veramente scomodarsi e sacrificarsi per lottare a favore della libertà. Ciò che il PPL vuole fare e continuerà a fare è proprio questo lottare per la libertà (e, perciò, per lo sviluppo della democrazia). Occorre, senza dubbio alcuno, andare contro soprattutto a coloro che, come stanno facendo i molti e alti rappresentanti di questo governo, attentano alla democrazia; ma occorre anche andare contro a chi mantiene questa democrazia immobile, volutamente immobile, mantenuta immobile anche dai media, che sono in mano a coloro che così la vogliono: questa è la sfida più grande della politica di oggi; ed è qui la fonte della speranza per mantenere spazio alla libertà.