L’ora della politica

Nonostante le dichiarazioni, le smentite e i trionfalismi sentiti dopo gli ultimi risultati elettorali amministrati virimangono senza risposta le attese della gente ed in particolare dei più poveri. Sia nell’eclissi dei vecchi partiti che nell’affermarsi dei nuovi rampanti rimane aperta per noi questa domanda: Qual è la dimensione politica della persona?
Nel termine politica noi vediamo la dimensione personale di ciascuno come essere nel mondo, è necessario quindi purificare i termini politica e antipolitica da quanto oggi ci viene dipinto. La persona, ogni suo gesto ed ogni altro fenomeno umano sono politica.
Molti hanno fatto notare come l’elemento più eclatante dalla recente consultazione elettorale sia l’aumento dell’astensionismo; il dato, che a qualcuno può parere di sola rilevanza statistica, è invece molto preoccupante: l’astensione, il menefreghismo, l’abbassamento del livello del dibattito ed ogni forma di delega lasciano che le strutture sociali attuali esortino il cittadino a rinchiudersi nel proprio giardino, a guardare l’altro con diffidenza, mentre sono le strutture stesse che oggi vanno adeguate ai bisogni reali della gente aiutando il popolo ad alzare lo sguardo.
L’attuale situazione italiana (e in buona parte europea) è una situazione nella quale risultano diversi nodi al pettine e nella quale emergono continue spinte verso movimenti autoritari, verso forme neonaziste che non risolveranno certo in bene la situazione, come dimostrano le elezioni greche.
Occorre quindi una conversione, cioè un cambiare di direzione, alla politica e della politica. Questa è la vera rivoluzione culturale necessaria oggi; è un lavoro da fare sulle idee e sui rapporti, un lavoro che dimostrerà la sua verità nel tempo e attraverso l’impegno di “chi ci sta”.
In questo moto di rivoluzione bisognerà perciò prestare attenzione non solo a chi antepone alla giustizia quel poco che ha raggiunto, cercando di soffocare la novità (forse nel secolo scorso avrebbero definito questo morbo la “controrivoluzione borghese”), ma anche chi, facendo leva sulla giusta necessità di cambiamento, pubblicizza la propria persona, proponendo azioni e discorsi populistici affidandosi ai monologhi da palcoscenico piuttosto che ai dialoghi con la gente.
Siamo contenti, quindi, di vedere sfiduciata una classe dirigente incompetente che non ha saputo leggere le necessità di cambiamento, ma tra il “nuovo” che si è prospettato a queste amministrative non riconosciamo certo un salvatore della patria. Certo la classe dirigente è da cambiare, non tanto per un fatto anagrafico (anzi ci sono tantissimi ultrasessantenni che potrebbero far meglio dei vari “rottamatori”), ma piuttosto perché ci sono persone ormai da cosi tanto tempo chiuse nei palazzi del potere (che non sono certamente solo quelli a cui si accede per via elettiva) da aver perso ogni contatto con la realtà.  Complici di questo degrado politico non sono solamente i “potenti” ma tutti quegli uomini e donne chiusi nella loro comodità e nel loro borghesismo (che, per definizione, pensa solo al proprio tornaconto economico e alla bella reputazione individuale o di clan) i quali potrebbero impegnarsi pubblicamente ma, chissà per quale strano timore, lasciano spazio ad altri personaggi, per poi ritrovarsi chiusi fra loro a fantasticare su fantomatiche rivoluzioni, così come ci si ritrova al bar sport credendosi tutti allenatori della nazionale.
Chiediamo quindi che non si riciclino ulteriormente, sotto nuovi nomi, coloro che ci hanno condotti fin qui, ma che una novità nasca dal basso, dalla vita sociale e non dalle televisioni senza contraddittorio.
Occorre in sintesi una politica cosciente di se, che non evada dalle sue responsabilità, ma risponda ai bisogni dell’uomo nella sua unità. Ci aspettiamo anche uomini politici preparati, ma non freddi tecnici; uomini capaci di affrontare le sfide di un sistema economico che dovrà necessariamente essere diverso e che miri non al conservare i privilegi del nord del mondo, ma che si inchini a una dimensione finalmente umana. Solo un nuovo e reale pluralismo di dialogo e incontro può garantire quel livello democratico che è mancato negli ultimi anni.
Pane Pace Lavoro

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