Non abbiamo disertato dalla fedeltà all’uomo; non abbiamo agito acriticamente e semplicisticamente. Di fronte al fatto della guerra, ci siamo posti la domanda sul bene o sul male di essa.
Non solo: di fronte agli eventi, abbiamo scoperto un conflitto tra gli ordini del potere e la nostra coscienza; essa ci dice che questa guerra è soltanto un male.
Come l’idea dell’impero russo, che ci pare sia l’obiettivo di Putin, arriverà di fatto a distruggere tutti i Pesi dell’Europa Orientale, così un’idea di un’Europa imbrigliata, come lo è in questo caso, dagli USA e dalla NATO, arriverà a distruggere l’Europa.
Abbiamo messo in atto una macchina mortale: anche se ciò avviene segretamente (e la tv ci fa vedere soltanto ciò che la Nato permette), l’escalation militare è impressionante (e ora non è più soltanto difensiva, ma addirittura aggressiva).
Occorre mettere fine a questa guerra.
Ma come possiamo noi metterle fine? Noi non siamo i politici, i militari, i finanzieri e i potenti che possono decidere di fermarla.
Noi, però, possiamo fare due cose.
Uno: COSTRUIRE LA PACE DOVE SIAMO.
Due: CHIEDERE AI POTENTI CHE BLOCCHINO LA GUERRA.
Questa seconda cosa (la richiesta ai potenti) non può che nascere dalla prima (il costruire la pace dove siamo); e costruire la pace dove siamo significa dare vita a rapporti nuovi tra la gente, a rapporti fondati sul valore dell’uomo. Significa, dunque, creare luoghi di amicizia ideale e operativa.
Significa creare compagnie.
La richiesta ai potenti affinché, senza le armi, cerchino la pace, non può nascere da chi, come sta succedendo, compie attentati; essa può soltanto nascere da chi sta vivendo la compagnia di un gruppo di amici, cioè un’esperienza umana che sia già cambiata al proprio interno.
È infatti necessario che un popolo e un gruppo di uomini già vivano, al proprio interno, ciò che dicono di perseguire per tutti. Una giustizia vera non potrà infatti mai essere generata da chi resta nei condizionamenti dell’ordine della rivalità e della guerra; per realizzare una vera giustizia, è necessario un salto qualitativo, un inizio fondamentalmente nuovo, di pace già vissuta, di compagnia nell’esistere quotidiano.
Altrimenti, nel sedicente tentativo di introdurre un ordine giusto, si ricorre a mezzi violenti, di odio e di furore, ponendo così le basi di nuove ingiustizie, amarezze, violenze, vendette e rancori.
Ma chi è il soggetto di tutto questo? Chi inizia a realizzare compagnia e gruppi umani veri?
Se aspetti che inizi l’altro, l’altro aspetta che inizi tu; e nessuno inizia. A te spetta allora l’iniziativa di dare un ideale e un’operatività ai rapporti che già hai, ai tuoi rapporti quotidiani (famiglia, figli, colleghi, compagni, quartiere, lavoro, scuola, università); a te spetta abbordare il vicino; a te spetta dire chiaro il motivo e prenderne la decisione operativa.
A te spetta proporre, a chi si trova ancora solo, di unirsi a te.
A te spetta stimare coloro, chiunque essi siano, che già vivono a fondo il proprio gruppo di amici e la propria compagnia come inizio di una situazione “nuova”, come tentativo di verità di rapporti già in atto; infatti, se così fanno, allora, sicuramente, anche se per strade diverse, ci troveremo assieme a costruire la pace: luoghi di pace tra gli uomini.
Come possiamo continuare tranquilli la nostra routine, mentre vicini abbiamo coloro che una guerra rende sottouomini?
La serietà del vivere esige che, da oggi, a chiunque incontriamo suggeriamo di vivere una compagnia. Così, il luogo dell’inizio della pace, attraverso il diffondersi di questi gruppi di uomini, nasce, si rafforza e lavora.
Pane Pace Lavoro, 31 gennaio 2022
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