Oggi l’Italia si è risvegliata senza il suo dittatore (o aspirante tale): da oggi quest’uomo è ritornato ad essere una persona normale, non più ripararto dalle sue stesse leggi; oggi possiamo finalmente esultare, perché è stato tolto lo scettro alla persona che ha tentato (riuscendo in parte) di distruggere questo Stato. Oggi Silvio Berlusconi non è più al Governo, una vittoria certamente coadiuvata dalle pressioni straniere, ma una vittoria, speriamo, certamente dovuta alle pressioni di migliaia di cittadini.
Questi anni di lotta hanno avuto sicuramente un primo esito positivo nel risvegliarci tutti all’impegno politico, ad alzarci dal nostro comodo divano, a toglierci le pantofole e a spegnere la televisione, per scendere in piazza a gridare che fino a quando la politica avrà come unico scopo il bene di una casta, qualunque essa sia, non si potrà stare tranquilli; ci hanno educato a non delegare a nessuno i nostri doveri, se non vogliamo vedere usurpati anche i nostri diritti.
La caduta del governo Berlusconi non è che un primo passo in questa direzione, non è certamente la soluzione definitiva ad un governo di libertà e di giustizia, ma certamente è la vittoria su chi ha sempre sputato su queste parole.
Del berlusconismo, però, restano gravi conseguenze, soprattutto a livello culturale e dei comportamenti: desiderio di prevalere sugli altri, denaro e ricchezza come unici ideali (se così si può dire) esistenziali, disprezzo per tutto ciò che non sia omologabile al modello consumistico, politica come mezzo di potere e non come strumento di servizio, ignoranza e sudditanza al capo come atteggiamenti meritori, ecc. Potremmo andare avanti un bel po’, ma basta guardare con occhio critico la TV e capire cosa stiamo dicendo. Allora il problema non finisce con l’uscita di scena dell’imbarazzante sedicente premier, ma si pone come domanda che ognuno deve rivolgere a se stesso circa il significato di avere una vita in comune con altri, di vivere una società che non è quella dei serial televisivi, di una realtà fatta di problemi che non sono teorie astratte, ma persone in cerca di lavoro, giovani in cerca di futuro, anziani in cerca di aiuto e solidarietà, e potremmo andare avanti un bel po’, ma basta guardare davvero la realtà e non fingere che sia un’altra cosa.
Insomma, dopo Berlusconi, bisogna mandare a casa (nel senso che va cacciata fuori dalle nostre case) la mentalità individualista che ci ha pervaso per anni. E scegliere bene.
Sarà un lavoro che non ci potrà più vedere comodi spettatori, ma attori principali della rinascita del Paese, forza attiva che sappia essere pungolo per i politici che andranno a governare (ricordando sempre che un ricco e un potente difficilmente hanno a cuore anzitutto la provera gente) e trascinatori di un popolo che ha imparato nuovamente a dire “basta”.
Ma oggi, solo per oggi, godiamoci questo momento.