Nella questione dell’Ilva di Taranto colpisce la vivacità con la quale porzioni della società italiana che di solito non brillano per senso dello Stato hanno intrapreso un altro duello con la magistratura, accusata, come al solito, di invadere il campo della politica (come se il potere giudiziario non fosse uno dei tre poteri nei quali si articola la “politeia”). Oltre tutto, per quanto ne sappiamo, il gip si è limitato ad applicare una legge già esistente (fatta a suo tempo, nel pieno rispetto della Costituzione, dal potere legislativo), cosicché, se il potere esecutivo dovesse intervenire contro la decisione del gip, uscirebbe, lui sì, dal proprio ambito di competenza. Naturalmente, questo non significa che il giudice sia infallibile. Gli aventi causa hanno tutto il diritto di contestare, attraverso i debiti canali giudiziari, il merito della sua decisione. Possono, per esempio, sostenere che il livello dell’inquinamento non è poi così grave da giustificare un intervento così drastico. Oppure che gli interventi opportuni si potrebbero eseguire anche senza arrestare la produzione. E così via, a colpi di perizie tecniche. Lasciar spegnere un altoforno non è una cosa da ridere (non ci arrivarono nemmeno i valloni negli scioperi cosiddetti insurrezionali dell’inverno 1962), per quanto mi ricordi che un po’ di anni fa, quando la violazione di qualsiasi norma di corretta dialettica fra le parti sociali era considerata la quintessenza della civiltà occidentale, proprio a Taranto ne lasciarono spegnere uno, provocandone la distruzione, senza che nessuno battesse ciglio. Certo, erano altri tempi, e poi era denaro pubblico.
Però non è questo il punto. Il punto è che non si contesta al magistrato un eventuale errore di valutazione. Si contesta il suo diritto a giudicare, adducendo il valore strategico, per l’economia italiana, della produzione che lui vorrebbe bloccare. Di conseguenza l’invasione di campo consisterebbe nel voler interferire – niente meno – nella politica industriale del paese, la cui competenza è dell’esecutivo. In tal caso l’esecutivo si porrebbe addirittura al di sopra della legge, come una specie di comitato di salute pubblica. “Salus popoli suprema lex esto”. Per la verità il riferimento alla salute è un po’ equivoco, considerati i problemi sanitari che hanno dato origine alla vertenza – e anche perché in latino “salus” (come del resto “salut” nel francese di Robespierre) significa “salvezza”, e non salute nel senso igienico-sanitario. Ma non perdiamo tempo con codeste quisquilie. Non soffermiamoci neppure troppo sull’annosa questione, che adesso è diventata un cavallo di battaglia della destra, che il potere giudiziario non sarebbe sullo stesso piano degli altri due perché gli mancherebbe l’investitura popolare. Seguendo questa logica, il problema di Taranto si potrebbe risolvere solo con un referendum che portasse il popolo a pronunciarsi su un quesito del tipo: “Volete morire subito di fame o fra qualche anno di cancro?”.
Secondo me, l’aspetto più agghiacciante è che, se si ritiene che la competenza dell’esecutivo in materia di politica industriale può integrare anche l’eventuale disapplicazione di leggi che tutelano la salute del cittadino, si entra in una logica di tipo guerresco, l’unica finora nella quale, almeno nella tradizione occidentale, è stato riconosciuto al governo il diritto di disporre della vita e della morte dei cittadini (almeno quelli obbligati ad indossare l’uniforme). Vi ricordate “Orizzonti di gloria”? “Un terzo degli effettivi morirà prima di aver raggiunto i reticolati; un altro terzo morirà nel corpo a corpo; ce ne resteranno sempre abbastanza per respingere un eventuale contrattacco”. Provate a tradurlo in termini economici: “L’incremento della morbilità porterà certo ad un aumento della spesa sanitaria; la mortalità precoce avrà effetti negativi sull’equilibrio demografico; però nell’insieme il conto economico, grazie all’incremento delle esportazioni, dovrebbe risultare positivo”. Eccetera eccetera. In queste cose si sa (nemmeno sempre) come si comincia, non come si finisce. Gli altiforni sono cose importanti (guai a chi lo sottovalutasse), ma c’è in gioco qualcosa che vale anche di più.
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