Avversari complementari

Che l’amministratore delegato della Fiat abbia risposto all’obbligo di riassumere 19 operai licenziati illegalmente licenziandone altri 19 ha ovviamente irritato molte persone (me compreso) per l’aspetto beffardo che questa specie di esibizione del potere ha impresso alla vicenda. Tuttavia, se ci ragioniamo sopra freddamente (cosa non difficile quando si tratta di disgrazie d’altri), il comportamento di Marchionne risulta molto più comprensibile. Infatti, non gli è stato imposto di non licenziare; gli è solo stato detto che non poteva licenziare quelle persone lì, perché nel loro caso specifico c’era stata discriminazione, e questa, secondo la nuova disciplina del rapporto di lavoro, è la sola cosa che non si può fare. Veramente non si poteva fare nemmeno cinquant’anni fa, prima dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Se un datore di lavoro era tanto stupido da scrivere nella lettera di licenziamento “via di qui sporco ebreo” o “lurido comunista” poteva essere portato davanti al giudice. La grande differenza era che a quei tempi esisteva il licenziamento ad nutum, per cui bastava che non adducesse alcuna motivazione (quale che fosse la motivazione reale, che però si doveva tenere per sé) e tutto andava per il meglio. L’innovazione “rivoluzionaria” introdotta dallo Statuto dei lavoratori fu non solo l’obbligo di giustificare, ma anche e soprattutto la clausola che la motivazione poteva essere sottoposta a giudizio esterno ed eventualmente essere trovata non pertinente. Oggi basta addurre la necessità “oggettiva” dell’azienda e si può mettere la gente sulla strada, perché l’interesse dell’impresa viene considerato superiore a quello del singolo, e la direzione d’impresa – salvo prova contraria – viene considerata abilitata a giudicare meglio di chiunque altro le condizioni che la mettono in tale necessità. È un problema filosofico, non giuridico. È vero che esiste anche una filosofia del diritto, ma è proprio per questo – sostengono altri – che il diritto deve essere preso con filosofia.

Ci piace per altro ricordare che il caso dei 19 ha per lo meno un precedente illustre: quello dell’Iliade. Infatti Agamennone argomenta che il dio Febo “in gran disdegno” gli ha imposto di liberare Criseide, non di rinunciare ad un qualsiasi tesoruccio da letto, e perciò, al suo posto, si prende Briseide. Achille non la prende bene e proclama lo sciopero militare. Si noti che la questione non si risolve sul piano giuridico, e nemmeno perché Achille si faccia pietoso de’ moribondi achei, come almeno aveva fatto Era, dimostrando una volta tanto una certa sensibilità femminile (è vero che lei stava dalla loro parte, e tutti siamo più sensibili alle disgrazie dei nostri amici che a quelle del nemico). Achille, come sanno tutti i ragazzi che hanno fatto la scuola media, si decide a riprendere le armi quando l’incazzatura verso Ettore che gli ha ucciso Patroclo supera quella verso Agamennone che gli ha preso Briseide. Questa storia è di un realismo così feroce che mi sono sempre meravigliato che sia stata imposta come materia di studio a ragazzini minorenni, quando la stessa Grecia classica la vedeva come una descrizione – certo, magnificamente esposta – di costumi dei tempi arcaici e barbari.

Oggi, certamente, non abbiamo la stessa sensibilità. Però anche noi siamo più sensibili al lato estetico che alla sostanza. In fondo, quello che buona parte della cosiddetta Italia che conta non accetta in Marchionne non è tanto quello che fa ma il modo nel quale lo dice. Vengono in mente le parole del Manifesto: “La borghesia (…) ha messo lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido al posto dello sfruttamento mascherato d’illusioni religiose e politiche” (trad. di Emma Cantimori Mezzomonti, Torino, Einaudi, 1953, p. 96). Insomma, ha violato la regola “si fa ma non si dice” (in latino suona “nisi caste saltem caute”). Paradossalmente, Marchionne e Beppe Grillo sono oggi, sul davanti della scena, i soli soggetti che parlano senza perifrasi. È un bene, è un male? Il compianto Aldo Moro, noto per l’oscurità dei suoi discorsi, a chi lo sollecitava ad essere più chiaro, pare rispondesse che, sì, certo che lo avrebbe potuto fare, ma così sarebbe caduto il governo. Il grande La Rochefoucauld diceva (nel XVII secolo) che “l’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù”. Sia pure, ma prima o poi arriva qualcuno a dire che il re è nudo.

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