di Luca Benassi
Prima di affrontare il problema dell’energia nucleare occorre fare una premessa circa la struttura dell’atomo, ovvero della materia nei suoi aspetti fondamentali.
Fin dall’antichità, alcuni filosofi greci, in particolare Democrito e Platone, affermavano che la materia era costituita, nella sua intimità, da una sorta di “mattoni”, chiamati atomi (particelle uniche e indivisibili), ovvero che la materia non la si poteva suddividere in quantità piccole a piacere. Aristotele, per contro, sosteneva che la materia fosse una struttura “continua”, ovvero che sarebbe stato idealmente possibile suddividere la materia in quantità piccole a piacere, senza limite.
Per più di duemila anni la questione è rimasta irrisolta e fu praticamente dimenticata dalla ricerca scientifica, anche per carenza di mezzi tecnologici che potessero sondarne la struttura interna.
Ai primi dell’800, il fisico inglese John Dalton formulò una teoria atomica, sostenendo l’atomo come particella unica e indivisibile, ma definendone già alcune proprietà che distinguevano le varie tipologie degli elementi in natura.
Ma già a poca distanza di tempo, alla fine dell’800, il fisico inglese Joseph Thomson, in seguito a un esperimento cruciale, avendo già da prima avuto modo di scoprire la radioattività, dimostrò che la materia poteva essere permeata o, meglio, attraversa da particelle piccolissime: le particelle alfa (radiazioni alfa). Pertanto all’interno della materia ci potevano essere degli spazi vuoti da poter essere attravesata, quindi non poteva essere continua. Di qui ebbe inizio la cosiddetta fisica atomica, nella quale si succedettero numerose nuove scoperte, con l’ausilio di tecnologie sempre più sofisticate, segnate da illustri nomi quali, per citarne solo alcuni, Max Planck, Albert Einstein, Ernest Rutherford, Niels Bohr, James Chadwick, Arthur Compton, Luis De Broglie, Wolfgag Pauli, Hans Geiger, Erwin Schrödinger, Werner Heisemberg, che, in pochi anni, segnarono il passo verso la futura fisica nucleare (cioè la fisica del nucleo dell’atomo) e la fisica delle particelle elementari (i quark).
Con le nuove scoperte, si potè perciò capire che l’atomo era costituito da una sorta di sistema planetario, costituito da un nucleo posto centro e da una nebulosa di elettroni che vi ruota attorno. La distanza fra il nucleo e gli elettroni è enorme: si potrebbe paragonare il nucleo a una arancia e gli elettroni a dei piccoli semi posti a un chilometro di distanza. In mezzo rimane il vuoto. Quindi la materia è praticamente costituita, per il 99%, da spazi vuoti. Ma la cosa straordinaria è che, ciò nonostante, l’atomo è una struttura ben definita e compatta, seppure piena di “buchi”, un capolavoro di ingegnera energetica, ben strutturata, dove gli elettroni orbitano instancabilmente attorno al nucleo, come ci spiega bene la meccanica quantistica.
Va inoltre osservato che la struttura dell’atomo è tale da potere dare forma agli oggetti, altra questione storicamente importante, ovvero che una qualsiasi teoria atomica non poteva dare nessuna spiegazione all’esistenza di una materia solida, liquida o gassosa.
Veniamo ora alla fisica del nucleo.
Il nucleo dell’atomo è costituito, essenzialmente, da protoni e neutroni. I primi hanno una carica elettrica positiva, e sono elettricamente neutralizzati dalla nebulosa di elettroni circostante, e i secondi non hanno carica, ma svolgono la funzione di rendere stabile il nucleo. Infatti le forze nucleari dei protoni, essendo questi di carica positiva uguale, per la legge di Coulomb, dovrebbero respingersi e così disgregarsi. A far fronte a queste forze repulsive, intervengono le forze di “interazione” delle particelle stesse, coadiuvate dalla massa dei neutroni che ne rinforzano l’attrazione reciproca.
Gli “elementi” in natura, ovvero quegli elementi “primi” che possono poi combinarsi in composti chimici, si distinguono per il diverso “numero atomico”, ovvero il numero di protoni e di elettroni che ne costituiscono l’atomo, oltre ai già citati neutroni. Il noto chimico Dimitrij Mendeleev, ordinò gli elementi, nella cosiddetta “Tavola periodica degli elementi”, per numero atomico, evidenziandone le proprietà cicliche degli stessi.
All’aumentare del numero atomico, il nucleo dell’atomo aumenta la sua massa in modo più che proporzionale, in quanto aumentano notevolmente anche il numero di neutroni al fine di dare stabilità al nucleo. Ciò nonstante, la stabilità del nucleo, via via che aumenta il suo numero atomico, viene sempre a meno e tende a scinderci in altri due elementi primi. In questo processo di scissione si verifica la cosiddetta radioattività, ovvero la scissione del nucleo genera, oltre ad altri due nuclei più ridotti, una serie di “frammenti”, sottoforma di particelle e di onde elettromagnetiche.
Normalmente, gli elementi con numeo atomico da 84 (il Polonio) in su, sono naturalmente radiottivi. Caso noto è l’Uranio 235.
La radioattività, in particolare, può essere di tre tipi: Alfa, con liberazione di una particella molto compatta costituira da due protoni e due neutroni, Beta, costituita da un elettrone, e Gamma, costituita da una onda elettromagnetica ad alta energia. La più pericolosa è la radiazione Gamma, perché è la più penetrante nel nostro organismo, a seguire la radiazione Beta (particella più piccola), e la radiazione Alfa (particella più grossa).
Venendo ora all’argomento, possiamo dire che l’energia nucleare è l’energia che tiene assieme il nucleo e che con la sua scisione, ne libera una sua quotaparte. Tale quantità è enorme, e viene interpretata dalla nota legge di Einstein E=mc2. Infatti a seguito di una reazione nucleare, la somma delle masse prima della reazione e dopo la reazione, è differente. Tale differenza, definita come “difetto di massa” è stata convertita in energia secondo la citata formula di Einstein. Si ha per così dire una generalizzazione del noto principio di Lavoisier: nulla si crea e nulla si distrugge, ma si trasforma, e la trasformazione può anche avvenire fra materia ed energia.
Per meglio comprendere l’entità di questa energia, possiamo dire che una ipotetica automobile con una quantità di uranio equivalente a un pieno di benzina, potrebbe funzionare per circa 20.000 anni senza fermarsi.
Possiamo quindi sfruttare questa enorme energia, racchiusa nella materia, mediante la “Fissione nucleare” dell’atomo, in cui si genera un difetto di massa che si trasforma in energia secondo la formula di Einstein.
Un altro modo di ottenere energia dalla materia è la cosiddetta “Fusione nucleare”. In questo secondo caso anzichè scindere il nucleo (fissione), si ha la fusione di due atomi, normalmente di piccola massa, ovvero due piccoli nuclei di atomo, come ad esempio il nucleo dell’idrogeno, costituito da un solo protone, o di deuterio (1 protone + 1 neutrone) o di trizio (1 protone + 2 neutroni). Ciò avvene avviene normalmente nella reazione nucleare delle stelle e in particolare nel sole.
L’unione dei due nuclei deve inizialmente vincere le forze coulombiane di repulsione dovuta alle cariche elettriche di segno uguale, ma raggiunta una certa distanza di avvicinamento, prevalgono le forze di coesione nucleare e i due nuclei si fondono insieme, liberando energia. Anche in questo caso avviene il cosiddetto difetto di massa, che trasforma la massa in enegia di coesione nucleare.
Nel caso della fusione l’energia che si libera è circa 2.500 volte superiore quella della fissione, però vi è un ostacolo ancora oggi insormontabile per il suo sfruttamento e, forse, per i prossimi 50 anni, ovvero che non viene innescata spontaneamente, come avviene per la fissione nucleare che utilizza elementi radioattivi in natura, ma occorre, per l’innesco, partire da gas ad altissima temperatura (il plasma), paragonabile alla temperatura del sole (circa 10 milioni di gradi), il che comporta, sulla terra, grossi problemi di contenimento. L’unico utilizzo di tale forma di energia, proprio perché in questo caso non c’è bisogno di contenerla, è la non gloriosa realizzazione della bomba H.
D’altro canto la fissione nucleare ha lo svantaggio di produrre residui (scorie) radioattivi che comportano un tempo di decadimento molto elevato, anche di qualche centinaio di anni, per cui occorrono sistemi di smaltimento adeguati e sicuri.
Oggi l’impiego pacifico dell’energia nucleare avviene con il sistema della fissione, mediante l’utilizzo delle cosiddette centrali nucleari.
Abbiamo detto che vi sono elementi di grande massa atomica che hanno una certa instabilità del nucleo, in paticolare vi sono i cosiddetti isotopi radioattivi, ovvero elementi che, a parità di numero atomico, hanno però un eccessivo numero di neutroni rendendoli particolarmente instabili e soggetti a decadimento radioattivo. Il decadimento radioattivo può essere spontaneo o indotto artificialmente. Una volta bombardato con neutroni provenienti da altri isotopi radioattivi queste sostanze liberano energia scindendo l’atomo in due parti e liberando altri neutroni che a loro volta possono bobardare altri atomi, e così via, innescandosi una reazione a catena che, a seconda della quantità di materiale isotopo presente (massa critica) può auto-estinguersi o auto-sostenersi e, se incontrollata, può auto-esplodere (come la prima bomba atomica sganciata su Hiroshima).
Per poter controllare la reazione nuclere, si interpone fra varie barrette di “combustibile nucleare” un elemento moderatore, che tende a frenare lo scambio di neutroni, come può essere l’acqua pesante, oppure un elemento frenante come le barre di boro che assorbono i neutroni e fermano la reazione.
Con tale sistema l’energia prodotta dalla reazione nucleare genera calore che viene utilizzato per produrre vapore d’acqua e inviarlo in pressione alle turbine a vapore che, collegate a un generatore, producono elettricità.
Quindi una centrale nucleare “brucia” Uranio e produce energia Elettrica, ma a differenza di una normale centrale termoelettrica, che brucia carbone, petrolio o gas, non sfrutta reazioni chimiche, ma reazioni di fissione, circa un milione di volte più energetiche a parità di massa di combustibile.
Il vantaggio di queste centrali è che non ha un impatti in atmosfera: non produce né anidride carbonica, né altra forma di inquinante aeriforme, né ceneri come le centrali a carbone, dando un contributo positivo alla riduzione dei gas serra.
Il problema fondamentale delle centrali nucleari è la produzione di scorie radioattive, (prodotti di fissione: cesio, stronzio, iodio, rubidio….) estremamente antipatiche da trattare: si sono proposti tanti tipi di trattamento, fra i quali la vetrificazione, ma resta sempre il problema dello stoccaggio definitivo di questo materiale. L’unico modo attualmente valido per smaltire queste scorie è metterle in bidoni adeguatamente schermati e rimetterle in posti geologicamente stabili e adeguatamente monitorati, come avviene per i rifiuti tossici.
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