Per un’azione sociale politica autentica

Giunti a questa tappa della nostra Campagna Culturale, che per sua natura non potremo mai definire conclusa, non possiamo esimerci da un giudizio sui risultati elettorali, un giudizio che però porti però con sé prima di tutto la certezza della necessità di una rivoluzione antropologica e di un lavoro culturale urgentissimo oggi.

Gli italiani alla fine hanno votato come da molti era stato previsto; sicuramente, nelle scelte elettorali, ha avuto un notevole peso la grande sfiducia della gente sull’attuale politica: in positivo sicuramente per il Movimento 5 Stelle ed in negativo per i partiti ed i politici di lungo corso che non hanno saputo rispondere alle attese della gente, la quale da anni chiede una vera e propria rivoluzione politica ed in cambio ne riceve tasse altissime, malcostume, corruzione, sfruttamento privilegi per pochi ecc. Gli italiani hanno scelto il loro Parlamento, starà a questi, ora, dimostrare che il loro agire sarà rivolto al bene comune e non, di nuovo, alla propria affermazione.

Non vogliamo perciò, qui, soffermarci in previsioni di possibili alleanze o sulla durata di questo governo, ciò su cui vogliamo oggi porre l’accento è la responsabilità degli eletti e, di riflesso, la responsabilità di tutti i cittadini.

Sulla responsabilità degli eletti già abbiamo accennato, ma occorre ribadire ancora che il fine della politica non è la gestione del potere politico, né tanto meno l’uso dello stato, ma l’uomo; il voto dei giorni scorsi chiede ai politici proprio questo impegno, chiaro e ben visibile. Se i nuovi parlamentari non sapranno dimostrare di operare per questo fine, se ancora una volta prevarrà l’individualismo sociale e politico, non si riuscirà nemmeno questa volta a superare la contestazione che ha portato a queste elezioni. Contrariamente, se i politici si impegneranno per operare per il bene comune, si supererà la contestazione e sarà finalmente l’epoca di una vera svolta culturale, poiché la politica è una forma più compiuta di cultura e la cultura è un fatto, è un giudizio che nasce dall’esperienza e che crea il dialogo, là dove oggi vediamo solamente monologhi, e tende a costruire ed intraprendere insieme.

Qui allora sta la grande responsabilità dei singoli cittadini: lavorare instancabilmente per costruire e sostenere l’esperienza che genera la cultura, poiché questa funzione allo Stato, qualunque partito lo governi, non la si può demandare, anche se dallo stato si deve pretendere che sostenga questa azione.

Diceva Emmanuel Mounier: “Bisognerebbe stare in politica senza essere mai politici: portarvi con sé la nostalgia e la distinzione degli autentici valori e delle più intime familiarità umane, anche quando far politica è mestiere. In caso contrario, l’aspirazione religiosa che genera tutte le imprese dell’uomo si ripiega sui mezzi e cade sempre più in basso: così si instaura nei costumi l’idolatria cortigiana dello stato”. In questa frase si riflette il primato della libera e creativa socialità di fronte al potere, il primato della società di fronte allo stato; un’entità politica, sia essa un partito o un movimento, che non lavorasse per lasciare lo spazio necessario al compiersi di quelle esperienze di creatività sociale che generano l’esperienza alla base della cultura, non farebbe altro che irrigidire lo stato sugli interessi di chi detiene il potere: “l’idolatria cortigiana dello stato”.

Questo è quello che il PPL attraverso la sua azione continuerà a sostenere, ma sul quale  oggi richiede  ai neoparlamentari un radicale cambiamento.

Pane Pace Lavoro, 2 marzo 2013

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